flat nuke

sperimentazione del merito e INVALSI

news.pngLeggiamo sui quotidiani che il ministero dell'istruzione vorrebbe
estendere anche a Milano la: "Proposta di progetto sperimentale per
premiare gli insegnanti che si distinguono per un generale
apprezzamento professionale all'interno della scuola".
http://milano.repubblica.it/cronaca/2010/12/21/news/uno_stipendio_in_pi_ai_prof_pi_bravi_milano_sperimenta_il_progetto_gelmini-10473189/

tutti i documenti su:
http://www.forumscuole.it/rete-scuole/buoni-o-cattivi
gli aggiornamenti su:
http://www.retescuole.net
e su:
http://www.facebook.com/retescuole
inviate su questi media e su altri le vostre prese di posizione.

approfondimenti:
www.forumscuole.it/rete-scuole/buoni-o-cattivi/documenti/nota-3756-del-20-dicembre-2010-chiarimenti-sperimentazioni-valutazione-scuole-e-premialita-insegnanti.pdf

www.flccgil.lombardia.it/cms/view.php

www.youtube.com/watch


Il progetto prevede, nelle scuole che aderiscono, l'istituzione di un
nucleo composto dal Dirigente e da due docenti eletti dal collegio,
più il Presidente del Consiglio di Istituto senza diritto di voto. Il
nucleo valuta solo i docenti che hanno manifestato adesione alla
sperimentazione. Sulla base del curriculum vitae, di un documento di
autovalutazione e di "indagini svolte tra studenti e genitori" per
"misurarne l'apprezzamento", viene stilata una classifica dei docenti.
A quelli arrivati ai primi posti (ma non oltre il 15% -20%) verrà
assegnato un premio pari a una mensilità lorda. La sperimentazione
verrebbe attuata in un numero limitato di scuole in modo da "testare"
un "protocollo" da estendere poi a tutto il territorio nazionale.

Il progetto è stato proposto in prima battuta alle scuole di Torino e
Napoli, ma i collegi docenti di queste città si sono espressi in massa
contro. Vista la mal parata, il ministero ora ci prova con Milano,
grazie ad un ufficio scolastico che è considerato "molto ricettivo".

Sappiamo bene che tra i docenti e i genitori esistono idee anche
diversificate su "merito" e "valutazione", ma non ci sembra il momento
di aprire un tale dibattito. Coloro che intendono sperimentare sulla
pelle della scuola sono gli stessi che hanno tagliato selvaggiamente
il tempo pieno, ridotto le ore disciplinari, precarizzato la
condizione lavorativa, e a Milano più che altrove visto la maggiore
"ricettività" dell'attuale provveditore.

La sperimentazione e poi la sua eventuale generalizzazione è e sarà
pagata coi soldi ricavati dai tagli che hanno ridotto drasticamente il
numero di docenti e ATA, peggiorando la qualità della scuola pubblica
e le condizioni di lavoro. E non è un caso: lo stesso ministero che ha
contro tutto il mondo della scuola e dell'università, tenta ora la
strada della divisione tra docenti e della concorrenza tra docenti e
tra scuole, per riguadagnare un minimo di consenso. Se la
sperimentazione venisse attuata creerebbe nella scuole un ambiente
malsano fatto di campagne acquisti e corse al favoritismo, dannoso
soprattutto per la didattica e lo sviluppo del sapere.

L'unico "merito" che chiediamo venga misurato con una "apposita
indagine tra studenti e genitori" è la competenza della Gelmini e dei
suoi "tecnici" a gestire una scuola della quale nulla sanno, se non
che costituisce un "costo" di cui alleggerirsi.

Retescuole chiede ai docenti delle scuole milanesi di respingere
fermamente e senza tentennamenti questa provocazione. Chiediamo agli
studenti e ai genitori di far sentire la propria voce per impedire
questa ulteriore offesa alla scuola. Chiediamo infine ai sindacati di
mobilitare i propri iscritti, perché nessuna scuola milanese si macchi
della complicità con chi la scuola la vuol distruggere.

ReteScuole



Il Consiglio d’Istituto dell’Istituto Comprensivo Niccolini di San Giuliano Terme


preso atto che:

- il Ministero ha deciso di dare il via entro la fine di dicembre 2010 ad una sperimentazione indirizzata ad individuare dei sistemi di valutazione e di misurazione delle performance delle scuole e dei docenti;
- la sperimentazione riguardante la valutazione coinvolgerà, su base volontaria, le scuole secondarie di primo grado della provincia di Pisa prendendo in considerazione test standardizzati elaborati dall’Invalsi;

evidenzia che

1. L’approccio didattico implicito nella concezione della valutazione su test nazionali sostituisce all’insegnamento individualizzato, che tiene conto dell’universo dell’allievo e del contesto socio-culturale-economico in cui l’insegnante deve operare, una prova oggettiva asettica, che annulla, di colpo, la soggettività non solo dell’alunno, ma anche dell’insegnante;
2. Porre una relazione di dipendenza tra il risultato degli studenti nei quiz e il salario docente potrebbe indurre a dedicare una buona parte delle ore di lezione all’allenamento ai quiz, a dispetto delle reali necessità degli studenti e delle classi, imponendo inoltre ritmi e tempi obbligatori;
3. Imporre una concorrenza tra scuole e tra insegnanti all’interno delle scuole svilisce il senso della scuola pubblica e il ruolo costituzionalmente definito di promozione delle pari opportunità formative per tutti: la penalizzazione economica delle scuole che risulterebbero più in difficoltà avrebbe come effetto l’ampliamento della forbice, le cui prime vittime sarebbero gli alunni;
4. Nessuna “scientificità” è garantita da test uguali su tutto il territorio nazionale e nessun miglioramento della didattica può esistere a prescindere dal contesto in cui gli insegnanti si trovano ad operare.

Per questo invita

Gli altri Consigli di Istituto a esprimere dissenso verso questa forma di valutazione e i Collegi Docenti a non partecipare alla sperimentazione.

----- Ricevo ed accolgo la richiesta di pubblicare questo documento stilato dai colleghi docenti del "Convitto Nazionale 'Vittorio Emanuele" di Napoli:.

"In questi giorni sta circolando in alcune scuole di Napoli un progetto del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca che propone un meccanismo di incentivazione per gli insegnanti attraverso un premio di produzione ai professori che saranno giudicati “particolarmente meritevoli”.

Questo progetto, che richiede la partecipazione volontaria dei docenti, in via sperimentale riguarderà 20 scuole tra Napoli e Torino.

Come docenti ed educatori del Liceo classico europeo e del Liceo scientifico del Convitto nazionale statale “Vittorio Emanuele II” di Napoli ci dichiariamo contrari alla proposta del Ministro per diversi motivi.

Riteniamo, in primo luogo, che il problema del trattamento economico dei professori debba rientrare in un quadro di contrattazione sindacale e politica più ampio, che ci veda discutere insieme e fare insieme proposte, come categoria di lavoratori, per un riconoscimento della nostra funzione sociale e culturale.

Certo questo non è facile in un Paese che sembra non riconoscere altro obiettivo se non il profitto e che sembra misconoscere i valori di cui la scuola si fa portavoce: quei valori che mirano a creare donne e uomini capaci di esprimere un proprio parere ponderato sulle cose, che abbiano la capacità di partecipare in modo consapevole alla vita politica, di essere veri cittadini con strumenti di interpretazione della realtà che si fondano sullo studio della storia e sull’eredità culturale del passato.

E’ questo il primo motivo per cui consideriamo offensiva una proposta che semplicisticamente voglia offrire un “premio” a chi tra i professori risulti più gradito di altri.

La proposta, inoltre, sarebbe dannosa per la categoria e non risolverebbe alcun problema della scuola. Il nostro è un lavoro che richiede libertà e serenità e che non può e non deve confrontarsi con nessun indice di gradimento da parte di superiori, colleghi, genitori o studenti.

Altro motivo ancora è che riteniamo che il lavoro di insegnante sia sì un lavoro individuale, ma anche di team: è importante confrontarsi tra colleghi serenamente, senza pensare a premi di produzione o ad apparire più “bravi” per guadagnare qualche soldo in più. Sorgerebbero certo invidie e disaccordi e allora anche “il più meritevole” tra noi docenti avrebbe difficoltà a lavorare, perché spesso la nostra forza è la nostra unità, la condivisione di regole stabilite insieme e discusse nelle sedi che la democrazia scolastica ci offre. Molta parte dell’efficacia educativa deriva proprio da questa condivisione di intenti.

E’ necessario, dunque, che i professori ritornino a pensare come una categoria di lavoratori, con una propria dignità e con delle finalità comuni.

Insomma, questa “misurazione della performance del personale docente” non andrebbe affatto, a nostro parere “a vantaggio dell’intero sistema nazionale di istruzione e di formazione professionale”, né è questo il metodo per “permettere agli insegnanti di intraprendere un percorso di miglioramento e di crescita” né “per rendere più attraente la professione docente agli occhi dei migliori giovani laureati”, come sostiene invece il Ministro Gelmini.

Per tutti questi motivi alla proposta rispondiamo: “No, grazie, non siamo interessati: è un’idea sbagliata!”.

Se poi questo “premio di produzione” dovesse essere imposto dall’alto, almeno sapremo che, quando è stato chiesto il nostro parere, abbiamo fatto la scelta che ci sembrava giusta."

www.cislscuola.it/node/19560

Sperimentazione del merito: più tempo alle scuole per aderire

Si è svolta ieri, 20 dicembre, una riunione al MIUR, presieduta dal Capo Dipartimento Risorse e Programmazione, Giovanni Biondi, finalizzata all'attivazione di un "tavolo tecnico" di confronto sui progetti di sperimentazione di procedure premiali annunciati dal ministro Gelmini nell'incontro con i sindacati dello scorso 18 novembre.

Presenti, oltre all'Amministrazione e ai sindacati, anche i rappresentanti dei soggetti esterni (Fondazione Agnelli, Fondazione S. Paolo, Treellle) coinvolti nel monitoraggio dei progetti - la cui attuazione è affidata alle scuole aderenti - e incaricati di redigere su di essi una relazione di ricerca finale.

Dopo aver illustrato in dettaglio i contenuti dei due progetti, l'Amministrazione

  • ha comunicato che i termini per la rilevazione delle disponibilità da parte delle scuole sono stati prorogati al 7 febbraio 2011, al fine di rendere possibili ulteriori approfondimenti con la presenza di esperti che avranno il compito di consentire ai collegi dei docenti un più dettagliato esame dei progetti medesimi;
  • ha reso noto che la sperimentazione sarà estesa anche ad altri ambiti territoriali: Milano, in aggiunta a Torino e Napoli, per il progetto seguito dalla Fondazione S. Paolo (premio ai docenti più apprezzati); Cagliari, in aggiunta a Pisa e Siracusa, per il progetto seguito dalla Fondazione Agnelli (premio alle scuole migliori per valore aggiunto).

Una decisione alla quale non è estranea, evidentemente, la scarsa disponibilità finora manifestata dalle scuole a candidarsi per l'attuazione delle sperimentazioni, su cui certamente influisce anche il livello troppo scarno delle informazioni fin qui rese alle istituzioni scolastiche; è, dunque, un rinvio opportuno, che l'Amministrazione dovrà assolutamente utilizzare per recuperare un più soddisfacente livello di comunicazione come presupposto indispensabile, se intende favorire una fattiva adesione, da parte delle scuole, alle iniziative proposte.

Un successivo incontro del "tavolo tecnico" è previsto per il prossimo 11 gennaio.

Per la CISL Scuola si confermano le valutazioni espresse nell'incontro col Ministro del 18 novembre:

  • è positivo che su questioni delicate e complesse come la valutazione e la premialità si abbandonino esasperate e strumentali campagne mediatiche e che il confronto avvenga su proposte chiare e ben individuabili;
  • è positivo che la verifica delle proposte elaborate sia condotta "sul campo", e non in modo astrattamente ideologico, attraverso il diretto coinvolgimento delle scuole e il protagonismo professionale che in esse si esprime.

E' evidente che ambedue i modelli presentati, sicuramente espressione di un differente approccio al tema e di una diversa finalizzazione delle procedure, presentano limiti ed elementi di criticità che tuttavia, proprio per quanto detto in precedenza, potranno essere evidenziati e valutati nella loro effettiva consistenza proprio attraverso la diretta applicazione da parte delle scuole che vorranno assumerne la sperimentazione.

Una sperimentazione, quindi, che è opportuno liberare quanto più possibile da giudizi precostituiti. Anche la sua dimensione fortemente circoscritta, e la limitatissima quota di risorse ad essa destinata, tolgono peso ad un atteggiamento di preconcetta ostilità e inducono a riconoscere, anche in questa situazione, la libera potestà delle scuole, puntando su di esse e valorizzando la loro autonomia di decisione e di valutazione.

Sotto un profilo più strettamente sindacale, la CISL Scuola ritiene che il protagonismo delle scuole, da esercitarsi in assoluta libertà e senza alcuna forma di condizionamento, si ponga su una linea di forte consonanza con la richiesta di mantenere i temi della valutazione, del merito e della premialità nell'ambito delle materie negoziabili e non in quello degli interventi di tipo legislativo.

Resta assolutamente ferma, infine, per la CISL Scuola, la convinzione che per produrre migliori performance individuali e di sistema non sia sufficiente limitarsi a enfatizzare logiche di (impropria) concorrenzialità fra le scuole e fra i singoli docenti. Serve alle scuole una valutazione che aiuti anzitutto a verificare il livello di efficacia del servizio reso all'utenza e ad accrescerlo: solo in questo contesto può avere senso il doveroso riconoscimento di chi concorre in termini di miglior qualità e maggiore impegno a determinare il valore aggiunto che ogni scuola deve porsi come obiettivo.
 

Il voltafaccia di una ministra americana


di DIANE RAVITCH*

Sono entrata nell'amministrazione di George H.W. Bush in qualità
di viceministro dell'educazione non avevo alcuna idea predefinita sulla questione della “libera scelta” in materia di educazione o su quella relativa alla responsabilizzazione degli insegnanti. Ma, nel momento in cui ho lasciato il governo, due anni più tardi, difendevo il principio della remunerazione del merito: ero convinta che gli insegnanti i cui allievi conseguivano i migliori risultati dovessero essere pagati meglio degli altri. Sostenevo inoltre la generalizzazione dei test valutativi, che mi sembravano utili per individuare le scuole che avevano bisogno di un aiuto supplementare. Ho quindi applaudito calorosamente quando, nel 2001, il Congresso votò una norma che andava in quel senso, la legge Nclb (“No child left behind”, nessun bambino lasciato indietro), e di nuovo quando, nel 2002, il presidente George W. Bush firmò la sua entrata in vigore.
Oggi, osservando gli effetti concreti di queste politiche, ho cambiato opinione: penso infatti che la qualità dell'insegnamento che ricevono gli allievi prevalga sui problemi di gestione, organizzazione e di valutazione degli istituti.
La legge Nclb esige che ogni stato valuti le capacità di lettura e di calcolo dei suoi allievi, dagli 8-9 anni ai 13 anni. I risultati di ogni istituto sono successivamente analizzati in funzione dell'origine etnica, del livello di conoscenza della lingua inglese, dell'eventuale presenza di handicap e del reddito dei genitori. Ognuno dei gruppi così formati deve conseguire un risultato del 100% di riuscita entro il 2014. Se in una scuola uno solo di questi gruppi non dimostra progressi costanti, l'istituto è sottoposto a sanzioni di severità crescente. Il primo anno la scuola riceve un avviso. Dopodiché a tutti gli allievi (compresi quelli che hanno buoni risultati) viene offerta la possibilità di cambiare scuola. Durante il terzo anno, gli studenti più poveri possono accedere a corsi supplementari gratuiti.
Se la scuola non riesce a conseguire gli obiettivi richiesti in un periodo di cinque anni, si espone al rischio di privatizzazione, di conversione in charter school (si veda più avanti), di ristrutturazione completa o, più semplicemente, a quello di chiusura. I lavoratori potrebbero quindi essere licenziati. Attualmente, circa un terzo delle scuole pubbliche del paese (ovvero oltre trentamila) sono state classificate come inadempienti rispetto ai parametri relativi ai “progressi annuali soddisfacenti”.
Un punto cruciale della legge consiste nell'avere lasciato a ciascuno stato la libertà di definire i propri metodi di valutazione. Il che induce alcuni di essi ad abbassare il livello di richieste per consentire agli allievi di conseguire più facilmente gli obiettivi. Di conseguenza, i miglioramenti manifestati a livello locale non si riscontrano sempre nei test federali.
Il Congresso obbliga le scuole a sottoporre in modo aleatorio alcuni allievi a una valutazione nazionale, il National assessment of educational progress (Naep), in modo tale da poter confrontare i risultati ottenuti con quelli forniti dagli stati. Così, in Texas, dove ci si rallegra per quello che appare come un autentico miracolo pedagogico, i livelli di lettura ristagnano da dieci anni. Allo stesso modo, mentre il Tennessee quota al 90% la percentuale di allievi che hanno raggiunto gli obiettivi fissati per il 2007, la stima del Naep è 26 % si rivela meno lusinghiera.
Diversi miliardi di dollari sono stati spesi per mettere a punto “e poi fare passare” le batterie di test necessarie a questi differenti sistemi di valutazione. In numerose scuole, gli insegnamenti ordinari si interrompono diversi mesi prima degli esami per lasciare spazio alla preparazione intensiva di questi. Numerosi specialisti hanno stabilito che gli allievi non imparano niente dato che gli si insegnano i test e non le materie scolastiche.
Malgrado il tempo e il denaro investiti, i risultati del Naep non sono migliorati. Talvolta, essi si sono semplicemente bloccati. In matematica, i livelli erano addirittura migliori prima della applicazione della legge Nclb. Per la lettura, il livello sarebbe aumentato per l'equivalente del Cm1 (alunni di 10 anni ndt). Per gli alunni al termine del quarto anno di scuola secondaria (di 14 anni ndt) i risultati sono gli stessi di quelli del 1998.
Tuttavia, il problema principale non sono i risultati in quanto tali, né i modi in cui gli stati e le città manipolano i test. La vera vittima di questo accanimento è la qualità dell'insegnamento. Dal momento che la lettura ed il calcolo sono diventati prioritari, i docenti, consapevoli che queste due materie decideranno dell'avvenire della loro scuole e del loro lavoro, trascurano le altre discipline.
La storia, la letteratura, la geografia, le scienze, l'arte, le lingue straniere e l'educazione civica sono relegate al rango di materie secondarie.
Da una quindicina di anni, un'altra tesi ha pungolato l'immaginazione delle potenti fondazioni e degli opulenti rappresentanti del padronato: la cosiddetta “libera scelta”, che si concretizza in particolare nelle charter schools la cui idea ha preso piede alla fine degli anni '80. Da allora, questi istituti hanno formato un vasto movimento che raccoglie un milione e mezzo di allievi e cinquemila scuole.
Scuole finanziate con il denaro pubblico ma gestite come istituzioni private, che si possono sottrarre alla maggior parte delle regole in vigore nel sistema pubblico. Così, più del 95% di esse si rifiuta di assumere insegnanti sindacalizzati. E, nel momento in cui lo stato di New York ha voluto sottoporre a un esame le charter schools che aveva autorizzato, queste si sono rivolte alla giustizia per impedirlo: lo stato doveva dare loro fiducia e lasciare che fossero loro stesse a svolgere questo esame.
Il livello di questi istituti è decisamente diseguale. Alcuni sono eccellenti, altri catastrofici. La maggior parte si colloca nel mezzo.
Ne è stata fatta una sola valutazione su scala nazionale, condotta da Margaret Reymond, economista all'università di Stanford (1). Tale inchiesta, benché finanziata dalla Walton family foundation (accesa sostenitrice delle charter schools), rivela che solo il 17% di tali istituti presenta un livello superiore a quello delle scuole pubbliche di pari grado. Il restante 83% ottiene risultati simili o inferiori.
Secondo gli esami della Naep in lettura e matematica, gli allievi delle charter schools ottengono gli stessi risultati degli altri, sia che ci si interessi agli afroamericani, agli ispanici, ai poveri o agli alunni residenti in grandi città. Ciò nonostante, il modello viene presentato come il rimedio miracoloso per tutti i problemi del sistema educativo statunitense. Non solo, ovviamente, per la destra, ma anche per un buon numero di democratici. Questi ultimi hanno addirittura creato un gruppo di pressione, i “Democratici per la riforma dell'educazione”.
Alcune di queste charter schools sono dirette da soggetti con interessi privati, altre da associazioni non a fine di lucro. Il loro modello di funzionamento si fonda su un forte tasso di rinnovamento del personale, poiché gli insegnanti devono svolgere un lavoro enorme (talvolta sessanta o settanta ore alla settimana) e tenere sempre il cellulare acceso, così che i loro allievi possano raggiungerli in qualsiasi momento. L'assenza di sindacato facilita il mantenimento di tali condizioni di lavoro.
Quando i media si interessano al tema, si focalizzano spesso sugli istituti di eccellenza. Essi, intenzionalmente o meno, danno alle charter schools l'immagine di veri e propri �paradisi” popolati da insegnanti giovani e dinamici e da allievi in uniforme, dalle maniere impeccabili e tutti in grado di accedere all'università. Ma questi reportages dimenticano alcuni elementi determinanti. Innanzitutto, gli istituti di buon livello reclutano i loro allievi nelle famiglie in grado di mobilitare maggiori risorse dal punto di vista scolastico.
Inoltre, essi accettano un numero minore di alunni di madrelingua straniera, handicappati o senza domicilio fisso, fattore che d? loro un certo vantaggio sulle scuole pubbliche. Infine le charter schools hanno il diritto di rinviare negli istituti pubblici gli elementi che ?stonano?.
Quando il movimento in favore delle charter schools ha preso avvio, esso si fondava sulla certezza che questi istituti sarebbero stati ideati ed animati da insegnanti coraggiosi e disinteressati, che sarebbero andati incontro agli allievi con maggiori difficoltà. Essi, liberi di innovare, avrebbero appreso i metodi per aiutare efficacemente questi alunni e la comunità avrebbe beneficiato delle conoscenze acquisite nel momento in cui essi li avrebbero reintegrati nel sistema pubblico. Ma attualmente le charter schools si pongono in concorrenza aperta con le scuole pubbliche. A Harlem, gli istituti pubblici devono lanciare campagne di comunicazione verso le famiglie. I bilanci di 500 dollari (o meno) che essi spendono per opuscoli e brochure impallidiscono di fronte ai 325.000 dollari stanziati dal potente gruppo che cerca di cacciarli dal settore educativo.
Nel gennaio 2009, quando l'amministrazione Obama salì al potere, ero convinta che essa avrebbe annullato la legge Nclb per ripartire su basi sane. Si è verificato il contrario: il nuovo governo ha abbracciato le idee e le scelte più pericolose dell'era di George W. Bush. Il programma dell'amministrazione Obama, battezzato “Race to the top”
(Corsa verso la vetta), offre a Stati presi per la gola dalla crisi economica sovvenzioni di 4,3 miliardi di dollari. Per beneficiare di questa manna, essi devono sopprimere tutte le limitazioni legali esistenti alla installazione di charter schools. Così, la loro espansione va a realizzare quello che è sempre stato il sogno dei businessmen dell'educazione e dei partigiani del libero mercato, vale a dire lo smantellamento del sistema pubblico. È assurdo valutare gli insegnanti in funzione dei risultati dei loro allievi, perché questi dipendono oltre che, ovviamente, da quello che succede in classe, anche da fattori esterni quali le risorse, la motivazione degli allievi e il supporto che possono dare loro i genitori. Tuttavia, gli insegnanti sembrano essere i soli responsabili.
Quanto alla “trasformazione” delle scuole in difficoltà, si tratta di un eufemismo destinato a mascherare lo stesso tipo di misure di quelle imposte attraverso la legge Nclb. Se i risultati non progrediscono rapidamente, le scuole pubbliche saranno chiuse, privatizzate o trasformate in charter schools. Quando le autorità dello Stato di Rhode Island hanno annunciato l'intenzione di licenziare tutto il corpo docente dell'unico liceo della città di Central Falls, la loro decisione è stata applaudita da Arne Duncan (segretario di stato all'educazione) e dallo stesso presidente democratico. Recentemente, il personale è stato reintegrato, a condizione di accettare giornate lavorative più lunghe e di fornire maggiori aiuti personalizzati agli allievi.
L'accento posto dall'amministrazione Obama sulla valutazione ha spinto gli stati a modificare la loro legislazione nella speranza di ottenere i fondi federali di cui hanno impellente bisogno. La Florida ha appena votato una legge che proibisce l'assunzione di insegnanti principianti, vincola la metà del loro salario ai risultati ottenuti dagli allievi, sopprime i finanziamenti stanziati per la formazione permanente e sovvenziona la valutazione degli studenti prelevando il 5% dal bilancio scolastico di ogni circoscrizione. Genitori e docenti hanno unito le loro forze e sono riusciti a convincere il governatore Charlie Crist a non firmare la legge, cosa che probabilmente ha messo fine alla sua carriera all'interno del Partito repubblicano. Ma ovunque nel paese vengono assunte misure simili.

note:

* Ricercatrice in scienze dell'educazione all'università di New York.
Ha pubblicato “The Death and Life of the Great American School System: How Testing and Choice Are Undermining Education”, Basic Books, New York, 2010. Questo articolo è stato inizialmente pubblicato su The Nation (New York) del 14 giugno 2010, con il titolo “Why I changed my mind?.”

(1) “Multiple choice: Charter school performance in 16 states”, Center for research on education outcomes (Credo), Stanford University, giugno 2009.
(Traduzione di Al. Ma.)

http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Ottobre-2010/pagina.php?cosa=1010lm15.01.html
 

INTERVENTI IN RETESCUOLE SULLE PROVE INVALSI


Mi dispiace dover intervenire in maniera cruda sulla questione 
valutazione e sulla relativa importanza da assegnare ai test INVALSI. 
Intervengo con lo stile che mi caratterizza, non deliberatamente 
polemico, ma convinto che in questo forum sia garantita la varietà di 
approcci (non credo che vi sia un modo "oggettivo" di esporre le 
proprie argomentazioni). Innanzitutto a me sembra che si stia per 
sottovalutare l'irrompente introduzione di particolari sistemi di 
valutazione che, indubbiamente, andranno a condizionare 
nell'immediato futuro un certo modo di fare didattica, se non si crea 
subito senza ambivalenze un fronte che contrasti tale deriva.
Ho sempre creduto nel mio agire nella scuola (20 anni di esperienza, 
di cui 11 passati nell'affrontare delicate problematiche relative 
all'apprendimento di ragazzi meno fortunati) che innanzitutto dovesse 
essere posto al centro del nostro intervento pedagogico l'allievo con 
le sue molteplici sfumature che lo fanno  unico rispetto a tanti suoi 
coetanei (per mia fortuna mi trovo a relazionare con persone e non 
con scarpe che devono raggiungere una qualità standard per compiacere 
il mercato).
Il delicato ruolo istituzionale che la società ci assegna non ci deve 
mai far perdere di vista l'assoluta necessità di curare al meglio il 
nostro approccio non tanto sul piano della valutazione, ma 
soprattutto nella difficile relazione insegnamento/apprendimento. E, 
giusto per essere "pragmatici", permettendomi anch'io una 
semplificazione; non posso puntare a fare il tetto e immaginarmi 
tutte le possibili soluzioni tecniche se prima non ho predisposto un 
corretto lavoro di consolidamento delle basi. Scegliere di condurre 
nella mia metodologia didattica un modo particolare di valutare la 
"performance" con somministrazione di quiz, significherebbe per me 
allontanarmi abbondantemente dagli insegnamenti della pedagogia.
Concordo con la domanda espressa da Franco Martino, perchè prestarsi 
a questa vergognosa operazione? Mi sorprende che Paolo provi a 
giustificare la sua posizione di "collaborazionista" con l'Istituto 
Nazionale per la Valutazione del Sistema di Istruzione e di 
Formazione con argomentazioni direi alquanto riduzioniste. Sono 
argomentazioni che mi spaventano ancora di più del suo "collaborare" 
con un Istituto che si inventa un modo "oggettivo" e nazionale di 
valutare (siamo giunti a tanto nel degrado culturale del nostro 
lavoro?), a sfregio di trattati interi di pedagogica che invitano a 
calarsi nelle singole situazioni prima di stigmatizare con un 
giudizio "oggettivo" la bontà e i livelli di apprendimento e/o 
prestazioni dei singoli ragazzi. L'obiettivo, non più tanto nascosto, 
ma ormai manifesto delle prove INVALSI è che attraverso esse si 
voglia misurare e valutare  la performance dei docenti, non 
certamente per migliorare la qualità del servizio da loro offerto, e 
quindi anche a gerarchizzare il personale attraverso una divisione 
utilizzando appunto la valorizzazione delle “competenze 
professionali” e del “merito”, con l’erogazione dei premi per gli 
obiettivi raggiunti dai singoli e dalle strutture, che saranno con 
tutta probabilità aderenti agli standard fissati dai tanti saputelli 
invalsini. Serve inoltre anche in maniera più o meno velata a 
controllare il lavoro dei dipendenti con valutazioni di ogni 
prestazione, in un’ottica di incremento della produttività, cioè dei 
ritmi e delle prestazioni lavorative, ricompensato dall’erogazione di 
premi legati alla prestazione e non alla contrattazione nazionale. 
Ciò anche semplicemente sindacalmente argomentando.
Paolo parla, per citare solo un esempio, di uno strumento che 
dovrebbe misurare (termometro-febbre). Non c'è esempio più calzante, 
fornito inconsapevolmente  dallo stesso sostenitore, di quanto sia 
ormai invalsa e nefasta la credenza che sia sufficiente uno strumento 
ed un unico indicatore (la temperatura: non misura la quantità di 
calore, ma solo ci da indicazioni dello stato termico del corpo 
oggetto di studio e della velocità delle sue particelle; poi tutto il 
resto è determinato da altri fattori che non sono ininfluenti) che 
possa racchiudere e significare la complessità delle competenze, 
capacità, abilità cognitive, attitudini, inclinazioni culturali, 
condizionamenti sociali e background famigliari malgrado i desideri 
del bambino e degli educatori/adulti/professionisti della relazione 
pedagogica.
Paolo parla inoltre della necessità di doversi attenere ad un sistema 
di rilevazioni nazionali, per quale motivo me lo deve spiegare!. 
Andiamo verso un unico pensiero convergente?
Alla scuola è assegnato il compito di dare ad ogni cittadino le 
stesse opportunità di crescita culturale, istruzione e diritti 
sociali per affrontare i problemi della vita, difendere i propri 
diritti  e conquistarne nuovi; assicurare inoltre che la cultura si 
sviluppi liberamente senza condizionamenti. Le prove INVALSI non 
garantiscono ciò, in quanto diverrebbe prioritario fissare prove 
"oggettive" a livello nazionale senza tener conto delle differenze 
presenti a più livelli; fra bambini, fra scuole, fra territori fra 
docenti...... Tutto ciò invece comporterebbe sicuramente un 
appiattimento dell'agire.
Ebbene io dico che in realtà è proprio il caso di abbandonare il 
termometro e provare a garantire alla scuola le condizioni per meglio 
operare, senza prendere strane scorciatoie diagnostiche.
Paolo parla appunto di diagnosi, ma sappiamo bene, continuando a 
seguire il suo esempio, quante volte la "febbre" risulti solo un 
sintomo con dietro una serie di patologie e/o semplicemente stati di 
disagio. Non è la semplice febbre registrata da  uno strumento 
semplice di analisi, qual è il termometro,  che ci può indicare la 
terapia da seguire.
Infine come è stato rilevato da Antonella (genitrice che mi sembra 
abbia colto meglio il nostro compito istituzionale) non può lasciarci 
tranquilli il fatto che la signora Gelmini ha dichiarato che saranno 
proprio i risultati delle prove INVALSI a "sperimentare" 
l'introduzione del riconoscimento di premi per le scuole con 
performance migliori. Quindi oltre al danno prodotto dalla 
valutazione che condizionerà tutto il nostro agire a scuola ci tocca 
anche subire la beffa di vedere bistrattate le scuole che invece 
meriterebbero più investimenti per ridurre il gap, ammesso che si 
volesse accettare l'idea che è necessario sottoporsi a valutazione.
Conclusioni: la pezza argomentativa di Paolo è peggio del buco.
Essendo un docente di scienze naturali, do molta importanza al 
concetto di grandezza fisica e ai relativi sistemi di misura, ma 
ritengo che ci siano aspetti qualitativi difficilmente ponderabili 
che comunque mal si prestano ad un'unica misurazione. Per me quindi 
il termometro non è sufficiente per capire fenomeni complessi e lo 
stato di salute dell'individuo non è certamente solo assenza di 
"febbre", bensì è il risultato del suo equilibrio psichico, mentale e 
sociale. Per rilevare queste dimensioni  ho bisogno di confrontarmi 
con altri colleghi per acquisire diversi punti di vista che insieme 
possono tracciare la personalità de* bambin*/ragazz*
Io butterei il termometro!!
Ciao, Michele

CIAO ANTONELLA,
CORTESEMENTE METTI ANCHE I LINK CUI SI PUO' ATTINGERE, VISTO CHE L'INVALSI E LA MERITOCRAZIA SONO "STRETTAMENTE CONNESSI L'UNO ALL'ALTRO" COME "DUE INNAMMORATI"...?
GRAZIE
gabry
P.S. SOTTO C'E' LA DIFFIDA CHE, A SUO TEMPO, FECERO I COBAS, E NE ELENCANO LE RAGIONI.

http://www.orizzontescuola.it/sites/default/files/bozza_progetto_mpi_valutazione_scuole_181110.pdf

IL COMUNICATO DEL MIUR :
http://www.istruzione.it/web/ministero/cs181110bis

http://www.liboriobutera.com/wp-content/uploads/2010/12/No-alla-sperimentazione.pdf
----------------------------------------------------------
DIFFIDA COBAS CONTRO INVALSI

Ai Dirigenti Scolastici
____________________

____________________

e. p. c.
Alle RSU d’Istituto
Ai componenti degli Organi Collegiali
____________________

____________________

Oggetto: rilevazione degli apprendimenti INVALSI 2010 - DIFFIDA.

Lo scrivente _________________ in nome dell’Organizzazione Sindacale COBAS - Comitati di Base della Scuola, in relazione all’oggetto espone quanto segue.
Si è avuta notizia che nella Vostra Istituzione Scolastica sia stata prevista la partecipazione al progetto dell’INVALSI sulla rilevazione degli apprendimenti degli alunni e che siano state pianificate le prove in oggetto (per le classi seconde e quinte delle scuole elementari e classi prime delle scuole medie) secondo il calendario previsto dall’INVALSI, 6, 11 e 13 maggio 2010.
Si è saputo, altresì, molti Collegi dei Docenti abbiano deliberato di NON ADERIRE al progetto INVALSI sulla rilevazione degli apprendimenti degli alunni ovvero non siano stati convocati per l’eventuale delibera di approvazione dello stesso progetto o la Presidenza (Dirigente Scolastico) non abbia, illegittimamente, consentito al Collegio di deliberare sull’argomento.

Molti dirigenti scolastici hanno comunicato alle/ai docenti (senza che si consentisse ai componenti dell’Organo Collegiale di intervenire sul punto) che si sarebbero assunti la responsabilità di aderire alle prove INVALSI.
La scrivente Organizzazione Sindacale segnala che la vigente normativa non prevede alcuna obbligatorietà della partecipazione alle valutazioni nazionali INVALSI e che i Dirigenti Scolastici non hanno alcuna facoltà/potere di aderire alle stesse poiché tale decisione è nella esclusiva competenza del Collegio dei Docenti e nella disponibilità delle/dei singoli insegnanti di classe, i quali possono decidere di svolgerle o meno.
Tale adesione da parte delle/degli insegnanti e del Collegio dei Docenti è prevista anche nel caso in cui la scuola venga indicata dall’INVALSI quale “scuola campione” poiché anche in tale eventualità non esiste alcuna norma che prevede la obbligatorietà della partecipazione delle scuole, delle classi, delle/dei singoli insegnanti alle stesse anche nel caso in cui le prove fossero organizzate con l’intervento di somministratori esterni.
Si vedano, a tale riguardo, l’articolo 4, comma 4 del DPR n° 275/1999 (Regolamento Autonomia) e l’articolo 7, comma 2 del D.L.vo n° 297/1994 (Testo Unico Istruzione) nei quali sono chiaramente previsti i poteri del Collegio dei Docenti (si allegano alla presente nota i due commi citati).
Si noti, a tale riguardo, che il Dirigente Scolastico deve, invece, esercitare i propri poteri (tra i quali non rientra l’adesione ad attività di valutazione senza il voto favorevole del Collegio) nel rispetto delle competenze degli Organi Collegiali (comma 2, art 25 del D.L.vo n° 165/2001).
Nel corrente anno scolastico nulla è stato innovato e, allo stato, non esiste alcuna norma che preveda l’obbligatorietà della somministrazione delle prove INVALSI nelle scuole italiane. L’unica indicazione in tal senso è inserita nella circolare del MIUR n° 86, del 22 ottobre 2009, con la quale il dott. Mario G. Dutto, della Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici per l’autonomia scolastica, afferma tra l’altro che: “La valutazione riguarderà obbligatoriamente tutti gli studenti delle predette classi delle istituzioni scolastiche, statali, e paritarie, del primo ciclo di istruzione.”.
Pare chiaro che quanto affermato dal dott. Dutto non può innovare il quadro normativo poiché (non essendo lo stesso fonte del diritto) le norme vigenti NON PREVEDONO L’AFFERMATA OBBLIGATORIETA’ ma anzi indicano che su tale materia l’unico titolato a decidere sia il Collegio dei Docenti e le/gli insegnanti delle singole classi.
* * *
Tutto ciò evidenziato e premesso, si
DIFFIDANO
i Dirigenti Scolastici, in assenza della delibera dei Collegi dei Docenti e della disponibilità delle/degli insegnanti delle classi coinvolte, dall’organizzare le prove di valutazione INVALSI e si chiede che venga comunicata alla stessa Agenzia la non partecipazione alle stesse.
Si segnala che gli atti unilaterali dei Dirigenti Scolastici sulla materia in oggetto non possono avere alcun carattere imperativo per il personale docente il quale non è tenuto (vedasi anche l’articolo 33 della Costituzione della Repubblica Italiana sulla libertà di insegnamento) in alcun modo a partecipare direttamente alla somministrazione delle prove INVALSI, né a collaborare all’eventuale organizzazione delle stesse ed, infine, si ricorda che ciascun docente ha facoltà, nelle proprie ore di lezione, di decidere quali attività debbano essere svolte (sulla base del POF d’Istituto e della programmazione annuale e settimanale) senza che chicchessia possa imporre altre attività prive dell’adesione dell’insegnante e della delibera del Collegio dei Docenti.
Tanto si segnala per gli urgenti adempimenti di competenza e si coglie l’occasione per porgere cordiali saluti.
________, __
Per l’Esecutivo
COBAS - Comitati di Base della Scuola

___________________________

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
8 marzo 1999 n. 275
Regolamento recante norme in materia
di autonomia delle istituzioni scolastiche

…omissis…
articolo 4
…omissis…

4. Nell'esercizio della autonomia didattica le istituzioni scolastiche assicurano comunque la realizzazione di iniziative di recupero e sostegno, di continuità e di orientamento scolastico e professionale, coordinandosi con le iniziative eventualmente assunte dagli enti locali in materia di interventi integrati a norma dell'articolo 139, comma 2, lett. b) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Individuano inoltre le modalità e i criteri di valutazione degli alunni nel rispetto della normativa nazionale ed i criteri per la valutazione periodica dei risultati conseguiti dalle istituzioni scolastiche rispetto agli obiettivi prefissati.

DECRETO LEGISLATIVO 16 aprile 1994, n. 297
Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione

Art. 7 - Collegio dei docenti

…omissis…

2. Il collegio dei docenti:
a) ha potere deliberante in materia di funzionamento didattico del circolo o dell'istituto. In particolare cura la programmazione dell'azione educativa anche al fine di adeguare, nell'ambito degli ordinamenti della scuola stabiliti dallo Stato, i programmi di insegnamento alle specifiche esigenze ambientali e di favorire il coordinamento interdisciplinare. Esso esercita tale potere nel rispetto della libertà di insegnamento garantita a ciascun docente;
…omissis…
d) valuta periodicamente l'andamento complessivo dell'azione didattica per verificarne l'efficacia in rapporto agli orientamenti e agli obiettivi programmati, proponendo, ove necessario, opportune misure per il miglioramento dell'attività scolastica;

…omissis…

f) adotta o promuove nell'ambito delle proprie competenze iniziative di sperimentazione in conformità degli articoli 276 e seguenti;
…omissis…
r) si pronuncia su ogni altro argomento attribuito dal presente testo unico, dalle leggi e dai regolamenti, alla sua competenza.
 

Oggetto: R: [retescuole] Ogg: Re: Di nuovo Invalsi



Domande senza aggettivi per chi collabora con INVALSI e ne sa più di me :

1. perché facciamo prove standard avendo programmi quanto mai vaghi e

ogni scuola si fa il suo?

2. perché non abbiamo percorsi ben definiti dalle Alpi alla Sicilia con

step uguali per tutti e POI su questi facciamo prove standard?

3. perché la scuola dovrebbe migliorare con le prove INVALSI e stop se

poi manca totalmente una valutazione di sistema che dica come e dove

intervenire? ( ah già, dimenticavo, queste sono baggianate da scuola

centralizzata, orrore!!! Noi che siamo più furbi abbiamo l’autonomia e

ognuno se lo deve dire da solo, tanto abbiamo un sacco di tempo a

disposizione, è la nostra funzione docente e anche dirigente, nonché

ispettiva , anzi direi ministeriale, ecco perché i programmi sono così

vaghi, siamo tutte le parti in commedia, noi.)

4. perché altrove queste cose hanno un senso e qui no?

5. perché l’INVALSI le prove non se le corregge da solo?

6. perché salta fuori l’inglese scolastico?

7. perché non facciamo l’INVALSI anche con l’inglese?

8. perché non formiamo gli insegnanti in modo serio e uniforme? (vedi

Germania per esempio) magari poi anche la didattica avrebbe dei bei

miglioramenti, e basi comuni su cui INVALSARE …oddio, ma noi navigatori e

poeti e santi abbiamo in uggia le cose serie…

Best

donata

_____


Oggetto: Re: [retescuole] Ogg: Re: Di nuovo Invalsi

On 8 Dec 2010 at 12:22, <http://it.groups.yahoo.com/group/retescuole/post?postID=HA_WV3Rk493GIQ2fk1Pp0CQo7XcAsKqT-0YUqb7NBJ_TzRw29zUCrHYz7AJWXkDduuLmxnBLuZ2qrwhfZpU> francomartino@libero.it

<mailto:francomartino%40libero.it> wrote:

> Domanda irriverente.

> ma perchè ti presti a partecipare a questa vergogna?

> Mi scuso per la provocazione, ma perchè pensiamo che noi siamo

> migliori degli altri e riusciamo ad evitare le verognose scelte

> di un "ministro" come la gelmini e i suoi funzionari, sempre

> gli stessi da anni

> francomartino

Non mi e' chiarissima l'argomentazione che qui riporto.

Chi e' che pensa di essere "migliore degli altri"? Quali connessioni

tra le vergognose scelte della Gelmini con le rilevazioni nazionali ed

internazionali?

A me pare che l'accanimento che vedo nei confronti delle rilevazioni

abbia la stessa valenza di quel malato che rompe il termometro perche'

ha la febbre.

Le rilevazioni sono neutre e consentono di diagnosticare l'esistente.

Certo, sono uno strumento imperfetto, ma le imperfezioni sono l'alibi

per l'immobilismo.

Penso che tutti gli insegnanti debbano essere interessati al proprio

lavoro, che sia legittimo e meritorio chiedersi se il proprio agire e'

utile ed efficace, avere strumenti che indicano dove ci sono situazioni

buone e dove sono meno buone, non puo' che consentirci di ragionare sul

nostro fare e dare maggiore senso al nostro lavoro.

Naturalmente i tagli sono tagli e le politiche del Governo sono le

politiche del Governo.

Se un medico dicesse: "Questa persona ha la febbre, ora le spariamo un

colpo in testa cosi' passa", dovremmo prendercela con il termometro o

con il medico?

Vale la stessa cosa per la questione "Governo e INVALSI". Noi che non

ci vergognamo di collaborare con l'INVALSI abbiamo buone ragioni per

farlo. Ci interessa una scuola migliore e ragionare attorno ad una

scuola migliore non puo' partire solo da istanze ideologiche o da

difese dello status quo. Vogliamo combattere l'analfabetismo matematico

e ci ribelliamo al dilagare di espressioni quali "inglese scolastico".

Per farlo scendiamo in piazza contro i tagli delle risorse (umane e

finanziarie) e combattiamo contro l'insensatezza delle politiche (per

nulla anticicliche e ancor meno lungimiranti perche' non puntano sulle

nuove generazioni mettendole al riparo dal contingente) di Berlusconi,

Tremonti, Sacconi, Brunetta, Gelmini.

Ma non siamo cosi' ingenui da prendercela contro il termometro.

Cordialità.

--

Paolo Fasce

Pensieri sottobanco

La scuola raccontata alla mia gatta

http://www.erickson.it/erickson/product.do?id=2242

Da: "Paolo Fasce " <paolo@fasce.it>
Data: Mer 8 Dic 2010 9:38 pm
Oggetto: Re: R: [retescuole] Ogg: Re: Di nuovo Invalsi



On 8 Dec 2010 at 19:36, Antonella Loconsolo wrote:

> Caro Paolo, sono un genitore e spesso penso che ci debbano essere

> "termometri" come li chiami tu, per misurare l´efficacia dell´insegnamento.

> Ma quando leggo che il Ministero, sotto la guida dell´illuminata Gelmini,

> premierà la scuola che avrà ottenuto migliori risultati e penalizzerà quella

> con i peggiori, cioè farà l´esatto contrario di quello che andrebbe fatto,

> allora penso che se fossi un insegnante mi chiamerei fuori da questa

> operazione.

Sono d'accordo con te sul fatto che il ministro utilizza i risultati

per fare l'esatto contrario di quello che dovrebbe essere fatto.

Per questo motivo, lo scrivente vota altrove e invita tutti a farlo.

> ...

> Se invece maggiori risorse saranno date a chi avrà migliori performance,

> parola che già di per sé, legata a scuola e bambini, ma anche in genere ad

> esseri umani, mi fa venire i brividi, allora posso già immaginare cosa

> succederà: miseri libriccini per figurare meglio, suggerimenti e imbrogli a

> piene mani, tanto per essere educativi.

Come ho già avuto modo di spiegare, ai convegni ai quali ho

partecipato, piu' relatori hanno sempre affermato che il "teaching to

test" e' inefficace. Giacche' ai corsi di aggiornamento e di formazione

ai quali partecipo vedo sempre le stesse facce, non mi sorprende che i

colleghi che si astengono dal dovere dell'auto-aggiornamento (le

occasioni, anche quelle gratuite, sono numerose ovunque) si facciano

condizionare dal vicino che adotta un eserciziario.

A mio modo di vedere si tratta di una grande prova di scarsa

professionalità.

> Non entro nel merito di queste prove, da profana le ho guardate lo scorso

> anno e non mi sembrano significative, mi sembrano un immenso quizzone dove,

> con la scusa della misurazione oggettiva, si appiattisce tutto. Ma, lo

> ripeto, sono un genitore e nella vita mi occupo di tutt´altro. Solo che ho

> già visto questi metodi applicati alle aziende, e i risultati sono sotto gli

> occhi di tutti, visto lo splendore dell´economia mondiale attuale.

Non so dire cosa succeda nelle aziende, ma posso dire che in ambito

matematico le prove OCSE PISA hanno chiaramente mostrato uno

scollamento tra cio' che i ragazzi imparano della matematica e le sue

applicazioni pratiche, con la conseguenza che per molti la matematica

e' quella cosa che si fa a scuola, mentre ogni giorno ciascuno di noi

e' matematico senza saperlo (e molto spesso, anche un ottimo

matematico). E allora e' chiaro che i test possono essere uno strumento

diagnostico generale utile all'insegnante coscenzioso ed e' anche

chiaro che, trattandosi di rilevazioni statistiche, di quello che fa il

bambino tizio o il bambino caio, poco importa, perche' l'analisi e'

globale.

Mi risulta, poi, il fatto che sia piu' difficile fare prove ricche nei

primi gradi di scuola, che nella scuola secondaria, dove gli argomenti

cominciano a diversificarsi e articolarsi. Mi pare, comunque, che lo

sforzo antinozionistico sia una stella polare del lavoro delle

commissioni coinvolte (anche per questo il "teaching to test" e'

inefficace; dall'altra parte c'e' gente che cambia continuamente le

carte in tavola per prevenirlo).

> A questo proposito consiglio di vedere questo video:

> http://www.youtube.com/watch?v=hJZZ0l09kpM

Bellissimo.

> Prima di buttarci in questa avventura chiediamoci, oggi, a chi serve. Un

> saluto nel rispetto di tutte le opinioni, antonella loconsolo

Serve soprattutto ai genitori.

Le rilevazioni mostrano, ad esempio, una cosa che e' abbastanza

evidente a tutti, e cioe' che la scuola superiore italiana e' classista

(grande varianza tra scuole, piccola varianza dentro ciascuna scuola;

l'esatto contrario di quello che succede in Finlandia).

A mio parere si tratta di un'eredità gentiliana, ma non e' solo colpa

di Gentile che, mi pare, sia l'effetto di una cultura, e non la causa.

Nel resto del mondo ciascuno si avvia alle scuole che piu' si confanno

alle sue aspettative e peculiarità, da noi i figli dei laureati vanno

al liceo scientifico o classico, ... e i figli degli ultimi vanno ai

professionali.

Tutto cio' non scandalizza l'insegnante medio italiano che

pazientemente attende il proprio turno/punteggio di migrare

dall'istituto professionale a quello tecnico e da quello tecnioco al

liceo, dove concludera' la sua carriera.

Non ho visto scioperi o iniziative culturali che pretendessero che gli

alunni diversamente abili vengano opportunamente collocati anche nei

licei e non solo nei professionali dove molto spesso non raggiungono il

titolo (e allora perche' non raggiungerlo in un liceo?).

Non ho visto gli insegnanti strapparsi le vesti per ottenere un biennio

unico che promuovesse integrazione autentica, ne' vedo gli insegnanti

pretendere corsi di formazione e aggiornamento per promuovere

un'autentica inclusione degli alunni diversamente abili.

Le obiezioni che ci vengono poste dalla destra nascono da dati reali e

a quei dati occorre dare risposte "di sinistra", cosa che prescinde dal

negare i fatti, dal distorcerli, dal nasconderli o modificarli a

proprio piacimento.

Non pensi che sia una vergognosa assoluta mancanza di professionalità

quella che e' emersa alle ultime rilevazioni nazionali dove i dati

hanno mostrato interventi significativi degli insegnanti sull'esito

delle prove? Non sarebbe il caso di dire: "le prove non mi piacciono,

ma le devo fare correttamente e le faccio correttamente", invece di

barare?

Scusate la foga e la scarsa sistematizzazione di questo intervento, ho

scritto a braccio. Ora vado a studiare.

Ciao ciao.



Da: "Giuseppe Maria Greco" <giuseppemaria.greco@libero.it>
Data: Gio 9 Dic 2010 12:01 am
Oggetto: Re: [retescuole] Ogg: Re: Di nuovo Invalsi



Leggo che il termometro sarebbe "neutro". E' un pensiero, questo, che

contraddice i principi della fisica così come quelli della sociologia ecc. Data

l'ovvietà della cosa, mi limito ad un solo esempio: a 10 gradi o a 30 avrò caldo

o freddo? La risposta nell'ambito di un termometro "neutro" è che a 10 gradi

farà freddo e a 30 caldo. Ma ci si dimentica che la percezione di freddo e di

caldo dipende dalla concomitanza di temperatura, umidità e pressione e non dalla

sola temperatura, e che pure dipende dalla temperatura di chi fa la misura (se

ha la febbre a 40, a 30 gradi può avere freddo, se è finito sotto la neve, a 10

gradi si sente bruciare), eccetera...

E poi, perchè si sceglie la temperatura come dato da misurare? In quale ordine

di idee?

GMG



Subject : Re: [retescuole] Ogg: Re: Di nuovo Invalsi

> Carissimo Paolo, sono rimasta sospesa dalle tue affermazioni sulle prove

INVALSI. Mi sono sembrate sorde alle dichiarazioni di centinaia di scuole che in

questi anni si sono battute perché le prove invalsi non venissero

somministrate... E su questo mi sono stupita assai!

> Ti incollo alcune considerazioni che il mio collegio ha fatto lo scorso anno a

seguito dell'imposizione illegittima alla somministrazione delle prove.

> L'abbiamo indirizzata proprio a voi dell'invalsi.

>

> Perché no, giuridicamente parlando.

> Si rileva che il Collegio dei Docenti dell´Istituto Comprensivo sopracitato

non è statoconvocato per l´eventuale delibera di approvazione del progetto

INVALSI sulla rilevazione degli apprendimenti degli alunni/e e pertanto, in

mancanza dell´approvazione di una delibera in tal senso, il Dirigente scolastico

non ha facoltà/potere di aderire alle stesse poiché tale decisione è di

esclusiva competenza del Collegio dei Docenti e nella disponibilità delle/dei

singoli insegnanti di classe, i quali possono decidere di aderire o meno.

> Tale adesione da parte delle/degli insegnanti e del Collegio dei Docenti è

prevista anche nel caso in cui la scuola venga indicata dall´INVALSI quale

"scuola campione" poiché anche in tale eventualità non esiste alcuna norma che

prevede la obbligatorietà della partecipazione delle scuole, delle classi,

delle/dei singoli insegnanti alle stesse anche nel caso in cui le prove fossero

organizzate con l´intervento di somministratori esterni.

> Si vedano, a tale riguardo, l´articolo 4, comma 4 del DPR n° 275/1999

(Regolamento Autonomia) e l´articolo 7, comma 2 del D.L.vo n° 297/1994 (Testo

Unico Istruzione) nei quali sono chiaramente previsti i poteri del Collegio dei

Docenti (si allegano alla presente nota i due commi citati).

>

> Quest´anno il Ministero ha inviato una circolare in cui si afferma che le

prove sono obbligatorie; ma le circolari non possono fare norma, semplicemente

devono dare indicazioni di applicazioni delle norme che devono essere decise

nelle sedi opportune e nella norma di riferimento non compare alcuna

obbligatorietà.

>

> Perché no, didatticamente parlando.

> Queste prove sono ritenute, da un punto di vista didattico, negative e

limitate.

> Chi ha visionato le prove somministrate negli anni passati si è fatta un´idea

precisa di questa negatività.

> Le prove sono uguali per tutti/e: nella nostra pratica quotidiana invece siamo

a contatto con i bambini/e reali e con le loro profonde diversità di ritmo e

modo di apprendimento.

> Il linguaggio delle prove, persino dei comandi, richiede una capacità di

concentrazione e comprensione che supera quella che riconosciamo nei nostri

alunni/e. Nessun insegnante di buon senso ha mai pensato di organizzare e

mettere in pratica "esperimenti" di questo tipo durante l' anno scolastico.

> I "concetti" messi in campo e "valutati" provengono da tutti gli indirizzi

cognitivi collegati alla disciplina (in matematica ad esempio: si va dal

concetto di numero, alle operazioni, alle frazioni, alla risoluzione dei

problemi, alla geometria, al sistema metrico decimale ecc.). Inoltre fanno

riferimento a tutto il lavoro svolto ad iniziare dall' anno scolastico

precedente e magari, non ancora affrontato nell´anno scolastico in corso.

> Il tempo di somministrazione è sproporzionato rispetto alle richieste di

applicazione fatte ai bambini/e. Lo sforzo mentale che si richiede per passare

da un campo cognitivo all'altro, da un concetto ad un altro ad esso disgiunto e

molto distante, esige molto più tempo dei 60 minuti previsti.

> Il contesto di somministrazione, senza la presenza delle insegnanti di

riferimento, comporta una evidente interruzione dell´esperienza scolastica

conosciuta, creando in alcuni casi stati di ansia negli alunni/e più sensibili.

> Le prove riguardano solo due discipline, lingua italiana e matematica in netto

contrasto con quanto stabilito dai programmi che impongono alla scuola di

considerare come egualitari tutti i canali di comunicazione.

> Non potendo o volendo partire dalla conoscenza degli indirizzi didattici

specifici seguiti da ogni scuola nella sua originalità, le prove Invalsi non ne

riconosce alcuno, richiamandosi ad una superiore dimensione tecnica definita dal

legislatore (ex Nuovi programmi ? ex Indicazioni nazionali? Piani di studio?

ecc.).

> Per l´Istituto Invalsi i bambini/e con disabilità, i bambini/e di altra

cultura, sono invisibili. Per noi invece essi sono persone in carne ed ossa a

cui dedichiamo giorno dopo giorno attenzione e intelligenza perché possano avere

le stesse opportunità di tutti gli altribambini/e presenti nelle nostre classi.

>

> Perché no, professionalmente parlando.

> Se i dati raccolti dalle scuole non servissero a costruire e giustificare

letture di ogni tipo, tutte finalizzate a dimostrare "la produttività "della

scuola indagata, si potrebbe anche chiudere un occhio e lasciar scivolare

l´appuntamento con disinvoltura.

> Ma queste" prove" e questo "Sistema" non meritano di godere di un silenzio che

facilmentepuò essere interpretato come un´ implicita accettazione.

> E´ necessario allora che si spieghi perché questo "meccanismo" sia non solo

sbagliato ma anche e soprattutto pericoloso e penalizzante per chi nella scuola

lavora con impegno e passione.

> Innanzitutto bisogna dire che nessun insegnante rifiuta o evita controlli o

rilevamenti. Tutta la nostra professione è giocata sullo scambio continuo e

quotidiano con gli alunni/e, i loro genitori, le colleghe/i e tutti gli

operatori della scuola.

> In ogni momento siamo sottoposti a valutazioni e giudizi ed è soltanto

attraverso questa dinamica che il nostro lavoro può prendere forma e sostanza.

Il confronto è quindi alla base del nostro essere insegnanti.

> Le prove invalsi non sono un confronto ma sono invece molto simili ad un

"attacco dall´ esterno" come quello che i virus portano ogni tanto ai nostri

fragili sistemi informatici. Arrivano all´improvviso e colpiscono con più o meno

danno, rischiando di creare anche problemi seri e soprattutto provocano il

rischio di una ingiusta ed inaspettata frustrazione agli alunni/e.

>

> E' uno strumento assolutamente inadeguato ed insufficiente al punto che gli

stessi curatori tengono a sottolineare che il suo uso "è sconsigliato" nella

didattica quotidiana, come pure deprecabile sarebbe, sempre a loro parere, che

le/gli insegnanti esercitassero i loro alunni in vista delle prove riprendendo

modalità e contenuti delle precedenti esperienze invalsi. Sappiamo invece che il

mondo della scuola e l´editoria scolastica si sta attrezzando per rispondere in

modo adeguato alle richieste dell´Invalsi sottoponendo dal mese prima delle

prove stesse i bambini/e ad un allenamento sterile e pedagogicamente deleterio.

>

> Cerchiamo allora di riassumere quello che sino ad ora si è scritto:

> ole prove invalsi sono uno strumento sbagliato ed inadeguato sia per la loro

"logica complessiva" sia nella loro formulazione pratica.

> oRischiano di modificare e squilibrare profondamente lo stesso Sistema

Scolastico "indagato" calando dall' esterno e dall' alto modelli didattici e

modalità operative non appropriate e spesso non condivise.

> oGenerano timori, ansie e frustrazione non solo tra gli alunni/e ma

soprattutto tra le/gli stessi docenti "classificati" in base a "carotaggi" e

comparazioni inattendibili.

> Ma queste "prove" sembra siano soprattutto il sintomo di un malcelato

tentativo di voler trasformare la scuola in una fabbrica seriale di conoscenze

standardizzate e predefinite, asetticamente "misurabili" e controllabili; come

così magari ci si augura di giungere in un prossimo futuro a "valutare e

controllare" con facilità le sue maestranze ed i suoi "operai-docenti".

> Secondo la filosofia che emerge da tali prove, l´importante è "possedere" una

vasta ed eterogenea "massa" di conoscenza da poter recuperare nel minor tempo

possibile senza la partecipazione e l'aiuto di altri/e.

> In questa idea di scuola speriamo che pochi/poche di noi vogliano credere...

>

>

> martagatti

>

>.

> >

> > Le rilevazioni sono neutre e consentono di diagnosticare l'esistente.

> > Certo, sono uno strumento imperfetto, ma le imperfezioni sono l'alibi

> > per l'immobilismo.

> >

> > Penso che tutti gli insegnanti debbano essere interessati al proprio

> > lavoro, che sia legittimo e meritorio chiedersi se il proprio agire e'

> > utile ed efficace, avere strumenti che indicano dove ci sono situazioni

> > buone e dove sono meno buone, non puo' che consentirci di ragionare sul

> > nostro fare e dare maggiore senso al nostro lavoro.

> >

> > Naturalmente i tagli sono tagli e le politiche del Governo sono le

> > politiche del Governo.

> >

> > Se un medico dicesse: "Questa persona ha la febbre, ora le spariamo un

> > colpo in testa cosi' passa", dovremmo prendercela con il termometro o

> > con il medico?

> >

> > Vale la stessa cosa per la questione "Governo e INVALSI". Noi che non

> > ci vergognamo di collaborare con l'INVALSI abbiamo buone ragioni per

> > farlo. Ci interessa una scuola migliore e ragionare attorno ad una

> > scuola migliore non puo' partire solo da istanze ideologiche o da

> > difese dello status quo. Vogliamo combattere l'analfabetismo matematico

> > e ci ribelliamo al dilagare di espressioni quali "inglese scolastico".

> > Per farlo scendiamo in piazza contro i tagli delle risorse (umane e

> > finanziarie) e combattiamo contro l'insensatezza delle politiche (per

> > nulla anticicliche e ancor meno lungimiranti perche' non puntano sulle

> > nuove generazioni mettendole al riparo dal contingente) di Berlusconi,

> > Tremonti, Sacconi, Brunetta, Gelmini.

> >

> > Ma non siamo cosi' ingenui da prendercela contro il termometro.

> >

> > Cordialità.

> >

> > --

> > Paolo Fasce

> >

> > Pensieri sottobanco

> > La scuola raccontata alla mia gatta

> > http://www.erickson.it/erickson/product.do?id=2242

> >

> >

>

>

Ogg: [retescuole] Ogg: Re: Di nuovo Invalsi

Collaboro con l’INVALSI e vi assicuro che l’INVALSI scoraggia e ha sempre

scoraggiato l’acquisto dei vari libretti di preparazione alle prove, che

sono del tutto inutili.

La normale e positiva didattica di classe relativamente alle competenze di

lettura e di riflessione sulla lingua, in base al POF di ogni insegnante e

scuola, è la cosa migliore perché i ragazzi acquisiscano competenze (che è

la cosa importante) e quindi affrontino senza problemi le prove INVALSI.

Un cordiale saluto.

Daniela

>

>Ogg: Re: [retescuole] Di nuovo Invalsi

>


>>

>> Mi arriva questa nuova richiesta di parere dalla mamma di un ragazzino di

>> prima media: è obbligatorio acquistare il libretto con i test di

>> esercitazione per prepararsi all'Invalsi? pare che nella classe di suo

>> figlio sia stato richiesto l'acquisto forzato del bel libriccino...

>> A parte ogni considerazione sui nostri colleghi, cosa si può fare a vostro

>> parere?

>>

>> ciao

>> Roberta

>>




Date : Wed, 8 Dec 2010 19:36:28 +0100

Subject : R: [retescuole] Ogg: Re: Di nuovo Invalsi

> Caro Paolo, sono un genitore e spesso penso che ci debbano essere

> “termometri” come li chiami tu, per misurare l’efficacia dell’insegnamento.

> Ma quando leggo che il Ministero, sotto la guida dell’illuminata Gelmini,

> premierà la scuola che avrà ottenuto migliori risultati e penalizzerà quella

> con i peggiori, cioè farà l’esatto contrario di quello che andrebbe fatto,

> allora penso che se fossi un insegnante mi chiamerei fuori da questa

> operazione.

>

> Infatti la valutazione avrebbe un senso solo in un caso: che si procedesse

> poi a investire risorse, a dare più insegnanti, a fare corsi di formazione,

> soprattutto nella scuola dove i risultati sono stati più scadenti.

>

> Se invece maggiori risorse saranno date a chi avrà migliori performance,

> parola che già di per sé, legata a scuola e bambini, ma anche in genere ad

> esseri umani, mi fa venire i brividi, allora posso già immaginare cosa

> succederà: miseri libriccini per figurare meglio, suggerimenti e imbrogli a

> piene mani, tanto per essere educativi.

>

> Non entro nel merito di queste prove, da profana le ho guardate lo scorso

> anno e non mi sembrano significative, mi sembrano un immenso quizzone dove,

> con la scusa della misurazione oggettiva, si appiattisce tutto. Ma, lo

> ripeto, sono un genitore e nella vita mi occupo di tutt’altro. Solo che ho

> già visto questi metodi applicati alle aziende, e i risultati sono sotto gli

> occhi di tutti, visto lo splendore dell’economia mondiale attuale.

>

> A questo proposito consiglio di vedere questo video:

>

> http://www.youtube.com/watch?v=hJZZ0l09kpM

>

> Prima di buttarci in questa avventura chiediamoci, oggi, a chi serve. Un

> saluto nel rispetto di tutte le opinioni, antonella loconsolo

>


Transmis Samedi 01 Janvier 2011 - 20:14 (Lu 6489 fois)
Comment Commentaires (12) Print Imprimer

avatarPar: Megan Date: Mercredi 11 Avril 2012 - 08:57

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avatarPar: Leonard Date: Mercredi 25 Juillet 2012 - 07:27

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avatarPar: samanth8a Date: Jeudi 18 Octobre 2012 - 04:51

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avatarPar: samanth8a Date: Mardi 23 Octobre 2012 - 05:39

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avatarPar: samanth8a Date: Vendredi 14 Décembre 2012 - 07:34

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avatarPar: Megan Date: Vendredi 18 Janvier 2013 - 05:23

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avatarPar: santa Date: Lundi 08 Avril 2013 - 08:39

Sometimes, merit and demerit goods are simply seen as an extension of the idea of externalities. A merit good may be described as a good that has positive externalities associated with it. Thus, an inoculation against a contagious disease may be seen as a merit good. This is because others who may not now catch the disease from the inoculated person also benefit. Thanks.
Regards,
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avatarPar: sharon199 Date: Mardi 16 Avril 2013 - 11:42

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