1. Venerdì 23 Marzo la giornata di mobilitazione per la Scuola Bene Comune verrà conclusa dalle radio di Popolare Network che intorno alle 18,35, al termine del radiogiornale trasmetteranno Pinocchio (la rilettura di Paolo Poli) in contemporanea su tutto il territorio nazionale.
Invito tutti e tutte coloro che hanno iniziative pubbliche in corso a quell'ora di portarsi una radio e di alzare il volume.
http://www.radiopopolare.it/ascoltaci/network/le-radio-del-network/
2. E’ PREVISTO ANCHE UN COLLEGAMENTO CON LA TRASMISSIONE “CATERPILLAR” ed un servizio del TG3
3. LE ADESIONI SONO TANTISSIME: migliaia di persone e centinaia di Associazioni, comitati ecc.
Tra le nuove adesioni di ieri:
Dario Fo (premio Nobel per la letteratura), Franca Rame (attrice), Stefano Benni (scrittore), Alessandra Sarchi(scrittrice), Michele Santoro (giornalista), Grazia Verasani (scrittrice), Marco Travaglio (giornalista) Amanda Sandrelli (attrice), Blas Roca Rey (attore), Ilaria Maria Sala(giornalista)
www.urlodellascuola.it/L'urlo della scuola pubblica di Mirko Pieralisi, Bologna
Ci sono persone che di parole vivono, che dalle parole apprendono e che
parole insegnano, ma c'è un momento in cui, dopo aver parlato tanto, hanno
l'impressione di non aver più parole. Allora, per un momento, rimane la sola
forza di urlare, per rabbia, per paura, per solitudine, per attirare
l'attenzione, per stanchezza, per mettere in guardia, per assordare chi non
vuole sentire.
Ecco perché tante maestre, professori, mamme e papà, studenti, venerdì 23
marzo a Bologna come in tante altre parti del paese urleranno.
Urleranno perché sono stanchi di ripetere che con le ultime riforme la
scuola pubblica ha perso qualità formativa.
Urleranno per rabbia, perché il lavoro quotidiano dei docenti dentro classi
sempre più ricche di tante storie diverse di provenienza viene irriso da
quattro luoghi comuni di qualche editorialista che probabilmente non ha mai
accompagnato il figlio a scuola.
Urleranno per la paura di perdere un pezzo della nostra Costituzione perché
la scuola della Repubblica è la più efficace istituzione in grado di
“rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di
fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno
sviluppo della persona umana” (art.3)
Urleranno per solitudine anche tanti genitori che sentono ogni giorno
politici che parlano di tutela o sacralità della famiglia mentre loro nella
vita quotidiana si sono visti rifiutare un posto al nido o non hanno più la
certezza di trovarlo in una scuola materna.
Urleranno tante e tanti insegnanti per attirare l’attenzione anche dei loro
maestri pedagogisti, da cui impararono il carattere fondante di una scuola
dell’Infanzia di qualità, da cui impararono che nella scuola dell’obbligo il
voto andava abolito perché fotografava l’esistente mentre il loro compito
era quello di contrastare la disuguaglianza per valorizzare le differenze,
mentre oggi si trovano di fronte contabili di governo o presunti esperti che
sembrano li vogliano riportare ai tempi dell’ “asilo” e della scuola che
sorvegliava e puniva, con il valore aggiunto e “moderno” aziendalistico dei
test cosiddetti oggettivi.
Urleranno anche perché sono stanchi di sentirsi dire che sono capaci di
protestare e non di fare proposte, quando ormai sono cinque anni e tre
governi che la legge di iniziativa popolare n.1600, frutto di un lavoro di
mesi di docenti e genitori e sostenuto da 100.000 firme raccolte davanti
alle scuole, giace inerte e inutilizzata in qualche cassetto di
Montecitorio.
Urleranno perché i loro figli e i loro alunni disabili hanno visto calare le
ore di sostegno, perché i figli e gli alunni più fragili hanno meno ore di
compresenza per il recupero e perché, senza di queste, laboratori e uscite
didattiche sono più una promessa che una pratica, perché a forza di
diminuire ore di scuola in 13 anni si perdono quasi 18 mesi di studio,
perché viene meno la stessa manutenzione ordinaria delle aule e degli
edifici.
Urleranno perché sono stanchi di ripetere che quando comanda la destra il
governo taglia sulla scuola pubblica, che quando vince il centro-sinistra
viene tagliata la scuola pubblica egualmente, che quando governano i
professori questi avvertono subito che tutti i tagli fatti sono giusti.
La scuola pubblica, ricordiamolo ancora, nella giornata dedicata alle
vittime della mafia, è il primo e massimo presidio democratico in grado di
assicurare uguaglianza di opportunità nella formazione delle nuove
generazioni. E’ la condizione essenziale affinché cittadini consapevoli,
competenti e coscienti dei propri diritti e dei propri doveri possano essere
protagonisti di una civile, intelligente “nuova primavera” della comunità
globale.
Per questo genitori, insegnanti e studenti urleranno il 23 anche qui, sotto
casa nostra, cioè a casa loro: sarà anche un urlo contro tutti coloro che
hanno fatto male alla scuola pubblica, ministri, economisti “neutrali”,
contro esperti di tutto e di niente, contro chi non fa abbastanza, perfino
contro di noi, perfino contro alcuni di loro stessi.
Il giorno dopo si ricomincia a costruire. Si riprende la pala e si scava,
sperando che quell’urlo abbia sortito qualche effetto.
23 e 24 Marzo: l’urlo di scuola e università
di Francesca Coin - 22 marzo 2012
“Il governo dei professori non è interessato alla scuola”: è questo l’urlo che aprirà la due giorni dedicata ad assemblee e dibattiti su scuola e università il
23 e 24 marzo a Bologna. Genitori, studenti, insegnanti, docenti, ricercatori strutturati e precari, assegnisti e dottorandi, e in generale tutti coloro che si sentono parte della “
rete dei sensibili“, si incontreranno venerdì 23 marzo
nelle scuole di tutte le città per
riportare l’attenzione sullo stato di umiliazione in cui versa l’istruzione pubblica in Italia.
Il programma è fitto, in particolare a Bologna, ove la due giorni inizia venerdì 23 Marzo alle 18 con un appuntamento pubblico in Piazza Nettuno, per proseguire sabato 24 con due assemblee. La
Convenzione Nazionale per la Scuola Bene Comune: Pubblica, Capace, Accogliente, si terrà al Teatro Testoni dalle 10 alle 18, mentre in contemporanea l’Assemblea Nazionale
Università Bene Comune si terrà in piazza Scaravilli, per poi confluire alle ore 21 al teatro Testoni, ove la serata si chiude con uno spettacolo musicale di Maurizio Cardillo, Gaspare Palmieri e Christian Grassilli, Bruno Stori, Andrea Rivera.
“La lista delle miserie è lunga”, dice Ambrogio Vitali, tra i più attivi organizzatori dell’Urlo, che giustamente preferisce porre l’accento sull’
anima creativa delle due giornate: la due giorni della scuola coinvolge più di quaranta associazioni di genitori e insegnanti, ha raccolto migliaia di adesioni nel mondo della cultura, e ha già messo in campo un lavoro piuttosto lungo costituendo una Associazione Nazionale “
Una nuova primavera per la scuola pubblica”, “
perchè molto futuro ancora deve venire al mondo”. Fatto sta che accanto a questa creatività gli bastano pochi dati per spiegare il problema: otto miliardi di tagli, sedici miliardi di finanziamento in meno rispetto alla media europea, tagli all’organico, al tempo pieno, alle ore di lezione, agli insegnanti di sostegno, ai libri, all’edilizia scolastica, alle fotocopie, per non parlare dei tagli in busta paga agli insegnanti, dell’Invalsi, del sovraffollamento scolastico. Insomma, paradossalmente la scuola raramente ha vissuto
momenti tanto bui quanto oggi, durante il governo dei Professori. E non è la sola.
Da tempo, il paese dei “figli dei figli dei figli dei figli dei figli Michelangelo e Leonoardo”, come voleva un vecchio adagio americano, pare aver fatto a pugni con la cultura. Non entro nel merito del Fondo Unico per lo Spettacolo, né dei tagli alla cultura, che ben raccontano con quale perizia stia avvenendo lo smantellamento di uno dei più ricchi patrimoni artistici al mondo. Penso all’Università: l’Italia è al
terzultimo posto su 34 paesi quanto a investimenti rispetto al Pil, nonostante sia il settimo paese al mondo per pubblicazioni scientifiche, e la deriva al ribasso
non vede tregua: stando ai decreti
436 e
437, ieri approvati dalla Commissione Cultura del Senato, gli scenari possibili parlano di un radicale blocco del reclutamento, della contrazione del numero di docenti (già tra i più bassi per studente), dell’aumento delle tasse universitarie, della contrazione del diritto allo studio, del taglio stesso
degli atenei.
“Questo è il punto”, dice Maurizio Matteuzzi. “Il cosiddetto governo dei professori, entro il quale, sia detto in parentesi, non molti han fatto una lezione negli ultimi vent’anni, a tutto pensa per il rilancio del sistema-paese
fuori che alla cosa più ovvia, l’investimento in
ricerca e sviluppo. La cosa è tragicomica”, dice Matteuzzi. Effettivamente è tragica. Ultima per investimenti in ricerca e sviluppo, a guardare i dati non si capisce da dove dovrebbe venire la ripresa italiana, quando l’unica prospettiva è una politica basata sulla dequalificazione, i tagli, una certa demagogia. “
Un buon artigiano non è un artigiano buono”, taglia la testa al toro Matteuzzi citando Aristotele. Effettivamente è così.
Fatto sta che mentre
Bologna pullula di un’altra Italia, mi torna in mente un vecchio libro. Negli anni sessanta “Lettera a una Professoressa” già poneva chiaramente il problema del significato politico dell’esclusione scolastica. “
La scuola ha un problema solo. I ragazzi che perde”, scrivevano a Barbiana nel 1976. “
A questo punto gli unici incompetenti siete voi che li perdete e non tornate a cercarli”(p. 33)
. Oggi queste frasi sembrano anacronistiche, eppure è evidente che le riforme degli ultimi anni ci stanno riportando proprio lì, a un modello di scuola e università ad accesso ristretto, scandito da costi sempre più alti e
numeri sempre più bassi. I ragazzi allora lo scrivevano chiaramente: questo libro non è per professori, “è un invito a organizzarsi”. Sia benvenuto l’Urlo di Bologna, dunque.
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