SCUOLA
Nel documento del governo nuovi tagli
"Popolazione scolastica diminuirà"
lascuolasiamonoi/misc/file/DOCUMENTO%20DI%20ECONOMIA%20E%20FINANZA%202011.pdf
Il Def continiene una previsione di spesa in calo (dall'attuale 4,2% del Pil al 3,7% nel 2015). "Riduzione effetto delle misure di contenimento della spesa per il personale e di una riduzione della popolazione scolastica". Previsione che segue di pochi giorni l'ennesimo attacco del premier all'istruzione pubblica, con "aiuti" per chi vuole spostare i figli alle private
di SALVO INTRAVAIAwww.repubblica.it/scuola/2011/04/20/news/def_con_nuovi_tagli-15177363/Nel futuro dell'Italia si spenderà sempre meno per l'istruzione statale. Il Def (il Documento di economia e finanza) presentato dal premier Silvio Berlusconi qualche giorno fa, spiega tutto. Meno risorse per il personale della scuola, che dopo la cura da cavallo da 87 mila cattedre e 42 mila posti di personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario), subirà ulteriori riduzioni. Stipendi più leggeri per gli insegnanti. E una quota sempre più bassa di ricchezza del Paese destinata a scuola e università. Ma non solo: il documento prevede anche una non meglio specificata "riduzione strutturale della popolazione scolastica". Ovviamente, quella a carico dello Stato.
Ma andiamo con ordine. "La spesa per l'istruzione - recita il Def - presenta una significativa riduzione per effetto delle misure di contenimento della spesa per il personale, a cui segue un andamento gradualmente decrescente nel trentennio successivo, dovuto alla riduzione strutturale della popolazione scolastica". Una frase ricca di mistero, visto che nonostante il calo delle nascite degli ultimi anni la popolazione scolastica è sempre cresciuta, per almeno due motivi: l'immissione nel circuito formativo degli alunni stranieri e il parziale recupero della dispersione scolastica.
Che si tratti invece della prova generale per dirottare verso le scuole private grandi masse di alunni che frequentano le scuole pubbliche? In effetti,
Berlusconi contro la scuola pubblica e gli insegnanti di sinistra "che inculcano valori diversi da quelli della famiglia", lascerebbero pensare proprio a questo tipo di scenario. Visto che le esternazioni del premier sono state spesso accompagnate dalla necessità di consentire alle famiglie di iscrivere i figli anche nelle private attraverso l'erogazione di un buono-scuola.
In questo modo, l'eventuale ricchezza prodotta dal Paese nei prossimi anni potrebbe essere spostata altrove: la quota di Pil attualmente impegnata nell'istruzione, il 4,2 per cento, calerà al 3,7 per cento nel 2015 e addirittura al 3,4 nel 2060. "La previsione delle spese per l'istruzione - spiega Tremonti - ingloba gli effetti di contenimento della spesa derivante dal processo di razionalizzazione del personale della scuola pubblica anche attraverso la riduzione del gap nel rapporto alunni/docenti rispetto agli altri paesi".
"E la previsione - continua - tiene conto degli effetti indotti dalle misure di blocco, senza possibilità di recupero, delle procedure contrattuali per il triennio 2010/2012 e del blocco del meccanismo automatico delle progressioni stipendiali per il periodo 2011/2013". Che tradotto dal burocretese significa due cose: niente contratto per il personale della scuola almeno fino al 2013 e scatti "congelati" per un triennio. Quello che più temevano i docenti, che vedranno calare il potere d'acquisto delle proprie retribuzioni.
Ma la scuola dovrà fare i conti anche con l'effetto di trascinamento della riforma Gelmini che continuerà a mietere posti di lavoro per il futuro. La riforma dei licei, a titolo di esempio, il prossimo anno interesserà le seconde classi e dovrà ancora dispiegare i suoi effetti fino alla quinta. Con le immancabili ripercussioni sul futuro dei precari che troveranno più difficoltà ad accedere al ruolo. Il Programma del governo, che Bankitalia ha stimato in 30 miliardi di tagli, prevede due sezioni dedicate all'istruzione e alla ricerca: Istruzione & merito e Ricerca & sviluppo.
"Il capitale umano, come capitale fisico, è pilastro essenziale per una crescita duratura - si legge nel documento - Ci impegniamo a favorire l'eccellenza e il merito, sia tra gli studenti che tra gli insegnanti". Con incentivi per i docenti della scuola e dell'università. E attraverso il Fondo per il merito, gli studenti universitari più meritevoli potranno avvalersi di prestiti a lungo termini per pagarsi gli studi e le spese di vitto e alloggio. Per la ricerca sarà previsto un finanziamento pubblico, attraverso il meccanismo del credito di imposta, a vantaggio delle imprese private che decideranno di commissionare o pagare alle università e agli enti di ricerca. E gli studenti temono che il Fondo integrativo per il diritto allo studio possa evaporare.
(20 aprile 2011) © Riproduzione riservata
Aggiungo che un punto di Pil in meno vale 16 miliardi e quindi una riduzione così marcata è probabilmente dovuta principalmente al blocco degli scatti di anzianità, che quindi sono confermati.
Il taglio degli 8 miliardi della legge 133 non può da solo giustificare una cifra così grossa. Ricordate che il grosso della spesa per l’istruzione è dovuta agli stipendi.
Questo furto richiederebbe una risposta pesante da parte dei docenti.
Ciao
Bruno Moretto
Scuola, il governo prevede ancora tagli per gli anni prossimi | | | |
Scritto da sal.pi. |
venerdì 22 aprile 2011 |
L’accanimento dei politicanti contro la scuola continuerà anche dopo il famigerato piano triennale di tagli, che prevede la riduzione del servizio scolastico imponendo oltre 130mila tra docenti ed operatori scolastici in meno. L’ultima tranche verrà cacciata alla fine dell’anno scolastico in corso. Il governo nel Def (documento economia e finanza) prevede la "Riduzione effetto delle misure di contenimento della spesa per il personale e di una riduzione della popolazione scolastica. La spesa per l'istruzione – è scritto nel Def - presenta una significativa riduzione per effetto delle misure di contenimento della spesa per il personale, a cui segue un andamento gradualmente decrescente nel trentennio successivo, dovuto alla riduzione strutturale della popolazione scolastica". Non si capisce come fanno a prevedere che ci siano meno alunni, sulla base di quali dati visto che negli ultimi anni gli iscritti sono andati aumentando. Evidentemente prevedono che gli alunni vadano a comprare il servizio istruzione dai privati. La quota di Prodotto Interno Lordo attualmente impegnata nell'istruzione è il 4,2%, ma scenderà al 3,7 nel 2015 e al 3,4 nel 2060. "La previsione delle spese per l'istruzione - spiega il lombardo Tremonti - ingloba gli effetti di contenimento della spesa derivante dal processo di razionalizzazione del personale della scuola pubblica anche attraverso la riduzione del gap nel rapporto alunni/docenti rispetto agli altri paesi". Quindi significa che licenzieranno i docenti di religione e toglieranno gli insegnanti di sostegno? Negli altri paesi non li hanno. sp |
da Repubblica.it
Un futuro di tagli, ecco le cifre
Giovedì si inizia a votare il documento di Economia e Finanza 2011: lì dentro c'è lo "spianamento" della scuola italiana. Si arriva a 22 miliardi di "risparmi" nei 5 anni di questo governo. Mentre l'Occidente ha affrontato la crisi senza toccare tre voci: scuola, università, ricerca
Nel mezzo delle feste di primavera, giovedì alla Camera, si inizia a votare il Documento di economia e Finanza del 2011. Lì dentro c'è lo spianamento della scuola pubblica italiana. Quattro miliardi e 561 milioni di tagli previsti ogni anno dal 2012 al 2014 (tabellone a pagina 37 del documento del Programma nazionale di riforme già approvato in Consiglio dei ministri). Tredici miliardi e 683 milioni succhiati via a un organismo in grave crisi di ossigeno a cui dal 2009 al 2011 ne sono stati portati via già otto miliardi e 13 milioni (con 87 mila cattedre annesse e 42 mila posti di personale amministrativo, tecnico, ausiliario). Tredici miliardi e 683 milioni più otto miliardi e 13: sono ventidue miliardi succhiati alla scuola pubblica italiana in una stagione di governo di centro-destra. Con numeri di questa entità si renderà così fragile e dissestata la nostra scuola pubblica da trasformarla in un istituto sostituibile. Con che cosa? Con la scuola privata italiana.
Il Def di Giulio Tremonti, diventato cosa nota a "Ballarò" grazie a un colpo di teatro di Enrico Letta (il ministro Gelmini necessitava di un suggeritore alle spalle per riuscire a dire che quei tagli, meglio, "minori spese", erano già previsti dal 2008), attinge ancora una volta dalla scuola perché sa che lì ci sono numeri grossi: se si taglia sulla scuola, è il ragionamento, vi è certezza di ritorno economico. Su 60 miliardi per il risanamento generale nei prossimi tre anni, tredici
e sette vengono da lì.
Tutti gli stati occidentali avanzati hanno affrontato la crisi economica mondiale non toccando tre strutture: la scuola, l'università, la ricerca. Barak Obama ha sottratto risorse, per dire, al ministero degli Interni americano, ma ha fatto crescere gli investimenti pubblici nei tre campi dei giovani e del futuro: scuola, università, ricerca. Da noi, si spiana. Altri documenti di governo che sottendono il Def tremontiano hanno detto qualcosa sul nostro futuro, qualcosa di angosciante: "Nei prossimi trent'anni ci sarà una riduzione strutturale della popolazione scolastica". Perché? Perché strutturale? Dobbiamo arrenderci al fatto che facciamo (e quindi faremo) meno figli? Ma non è forse che la gioventù strutturalmente precaria fa meno figli perché non ha idea di come potrebbe precariamente mantenerli? O forse la riduzione scolastica immaginata da Tremonti è figlia dell'idea che la gioventù precaria tornerà a fare lavori manuali, ben pagati peraltro, abbandonando un'utopia sessantottesca di accrescimento culturale e potenziamento della cittadinanza attraverso la scuola? Ancora, i migranti, che comunque hanno riportato la soglia della popolazione italiana intorno ai sessanta milioni, secondo questo governo non andranno nei prossimi trent'anni al liceo e all'università in Italia? Queste stime non tengono conto che negli ultimi anni la popolazione della scuola in verità è sempre cresciuta.
Riassumendo. La quota del Pil oggi impegnata nell'istruzione, il 4,2 per cento, secondo il nuovo Def calerà al 3,7 per cento nel 2015 e al 3,4 nel 2060. Ovviamente, per consentire questo non ci sarà contratto per i maestri e i prof fino al 2013 e il blocco degli scatti d'anzianità resterà tale: 320 milioni in meno a bilancio del Miur per i "prof" nel 2011, 640 in meno nel 2012 e 960 nel 2013. Prof più poveri per una scuola con meno alunni.
Ci scrive Enrico Letta, in un sms: "La cosa più pesante è che dalle tabelle del documento governativo emerge come la riduzione da un miliardo a 30 milioni della quota riservata per il diritto allo studio sia confermata anche per i prossimi tre anni". Le dichiarazioni a raffica del ministro Gelmini - al termine del primo triennio di sacrifici reinvestiremo in una scuola più snella e migliore con i risparmi realizzati - si sono rivelate bugie. Arrivano nuovi tagli, i più duri, perché portati su un organismo boccheggiante.
Scrive la Rete 29 aprile, i ricercatori universitari precari che alla precarietà non si arrendono: "Quattordici miliardi di euro, a valori correnti, è quanto il Piano Marshall diede all'Italia dal 1948 al 1952". Il Piano Tremonti, all'Italia e al suo futuro, li toglie.
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