Universita', ecco la riforma Cepu
Il colpo arriva a sorpresa, e a legislatura quasi finita, nel decreto
di programmazione 2010-2012
Le telematiche potranno riconvertirsi in atenei tradizionali
<
http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2010/11/18SI94007.PDF>
il conflitto di interessi è il vero cancro
della politica italiana, l'antico vizio del
trasformismo.
DOPO LA FIDUCIA
Facce tese nella mia scuola prima del voto parlamentare. Molti colleghi
cercavano affannosamente notizie su come andavano le votazioni. Gran parte degli
studenti erano in manifestazione, ma i pochi rimasti li sentivo che si
scambiavano opinioni. Facce lunghe, molto lunghe, dopo aver saputo che
Berlusconi ce l'aveva fatta. Discorsi tipo: "sono anni che facciamo delle cose,
e questi sono i risultati?" Divisioni tipo: "la gente se ne frega, quello là
resterà su in eterno" oppure "bisogna inventarsi qualcosa di diverso che faccia
un botto". Dubbi tipo: "ma serve qualcosa fare sciopero o manifestazione?". E
tutti: "e ora cosa ci inventiamo?"
(leggi tutto per articolo Michele Corsi)
DOPO LA FIDUCIA
Facce tese nella mia scuola prima del voto parlamentare. Molti colleghi
cercavano affannosamente notizie su come andavano le votazioni. Gran parte degli
studenti erano in manifestazione, ma i pochi rimasti li sentivo che si
scambiavano opinioni. Facce lunghe, molto lunghe, dopo aver saputo che
Berlusconi ce l'aveva fatta. Discorsi tipo: "sono anni che facciamo delle cose,
e questi sono i risultati?" Divisioni tipo: "la gente se ne frega, quello là
resterà su in eterno" oppure "bisogna inventarsi qualcosa di diverso che faccia
un botto". Dubbi tipo: "ma serve qualcosa fare sciopero o manifestazione?". E
tutti: "e ora cosa ci inventiamo?"
Eppure credo che, a patto che certe cose continuiamo a farle e meglio, "loro"
siano più nei guai di noi. E vorrei qui spiegare secondo me il perché.
Cosa c'era un anno fa? Un governo solidissimo, senza crepe, con sondaggi che
mostravano il perdurare della sua egemonia nella società. Oggi ci ritroviamo con
lo stesso governo, ma appeso a pochi voti, in caduta nei sondaggi, e con un
secco aumento della protesta di piazza. Merito delle contraddizioni interne alla
maggioranza? In parte, certo. Ma guardando a quelle contraddizioni e al quadro
più generale del nostro Paese non possiamo non vedere che quella divisione è il
portato politico ultimo dello smottamento progressivo della credibilità sociale
del berlusconismo. I poteri forti lo hanno abbandonato: da ultimo persino la
Confindustria. E quelli deboli stanno sentendo il morso della crisi che nessuna
tv ormai riesce più a nascondere. La base sociale di questo governo si
assottiglia ogni giorno di più.
E tutto ciò purtroppo senza un particolare merito delle grandi forze
organizzate, sociali e politiche, che dovrebbero fare opposizione. Non è stato
un bello spettacolo constatare che la FLC a livello nazionale, tanto per fare un
esempio, non abbia indetto uno sciopero proprio quando il perno della crisi
girava intorno alla scuola e all'università. Far reggere lo scontro in gran
parte a quelli che gli adulti sono abituati a considerare dei "ragazzini", cioé
gli studenti medi, non è stato uno spettacolo edificante. Dover andare a scuola
e sentirmi chiedere dagli studenti: "ma i prof non fanno niente?" mi ha messo un
po' a disagio, per così dire.
Il PD ha promosso una manifestazione a ridosso della votazione della fiducia.
Quindi in qualche modo "è stato sul pezzo". Le parole di Bersani sulla scuola,
però, sono, a dir poco, generiche. Siamo così sfiduciati nei confronti di questa
opposizione che diamo per scontato che dalle bocche dei suoi dirigenti non
usciranno mai frasi come: "quando andremo al governo ripristineremo tutti i
posti tagliati", "sbloccheremo il contratto", "assumeremo i precari". Perché è
una opposizione che preferisce perdere, che ritrovarsi a leggere i rimproveri
degli editorialisti del Sole 24 Ore. Gli stessi che, comunque, non li votano.
Ma ciò che mi ha impressionato in quest'ultimo mese e mezzo è constatare come,
anche grazie all'assenza di un'opposizione organizzata credibile, quelle che una
volta si definivano "le masse", e che per quel che mi riguarda lo sono ancora,
sono andate a diretto contatto con il "potere". Le città più importanti si sono
trovate assediate, con la polizia che difendeva qualche palazzo simbolico, a
volte senza nemmeno riuscirci. Guardiamo questa situazione con gli occhi del
potere: non è forse una situazione potenzialmente pericolosa? Su chi contano per
"difendersi"? Sui poliziotti? Quegli stessi poliziotti che con una protesta
clamorosa sono andati a suonare il clacson sotto la casa di Berlusconi per
contestare i tagli che li riguardavano? La mancanza di efficaci strumenti di
canalizzazione del dissenso (a causa di una sinistra acciaccata e un po'
rincoglionita e la censura sui media) costringe la gente al confronto diretto e
rabbioso, contro un governo che gran parte degli strati della società non
vogliono più: una dinamica potente, di cui faremmo un errore a non intuire le
potenzialità positive. Non scomodo esempi impegnativi come quelli dei regimi in
giro per il mondo crollati sotto un'imprevista e massiccia pressione popolare,
ma per i più vecchi può valere il ricordo tutto italiano di Craxi: una potenza,
un anno prima di essere seppellito da una marea di monetine.
La crisi politica in cui il governo è precipitato nell'ultimo periodo, un
governo che aveva sino a pochi mesi fa la maggioranza più ampia dell'Italia
repubblicana, è avvenuta sul "nostro" terreno: università, scuola, ricerca. E'
un caso? Non direi. E' stato uno dei pochissimi terreni sui quali più tenace e
continuativa è stata la resistenza al berlusconismo negli ultimi dieci anni. E'
merito del lavoro minuto, quotidiano, di tutti noi.
Non sto con questo affermando che dobbiamo aspettare chissà che sommovimento
sociale. Però non deprimiamoci per sconfitte tutte provvisorie, perdendo di
vista la dinamica di fondo. Dobbiamo continuare a fare quello che stiamo già
facendo e farlo ancora meglio, visto che qualche risultato l'ha dato, e ne può
dare ancora di più. Il lavoro cui mi riferisco è il lavoro minuto degli
attivisti del popolo della scuola, fatto di comitati, riunioni, assemblee di
istituto, mozioni, proteste, collettivi, manifestazioni, raccolte di firme...
La Gelmini è passata nella scuola, ma: c'è ancora la terza ondata di tagli da
imporre: glieli vogliamo far passare aggratis? La riforma delle superiori
dev'essere completata: lasciamo finire il lavoro in tutta serenità? Il tempo
pieno è bombardato: non cerchiamo di salvare quel che si può? Mai come
quest'anno possiamo ambire a impedire alla Gelmini di andare avanti col suo
progetto. E il decreto Gelmini dell'università deve comunque passare ancora per
un ramo del parlamento. Ecc. ecc. ecc. Non ci sarà nessuna spallata, se non la
prepariamo con anni di resistenza costante e pignola.
Oggi è una giornata di delusione per tanti. Speravamo tutti che quello lì si
prendesse una sberla. Su internet ho letto un pezzo che portava per titolo: "una
giornata di disonore per il nostro Paese". Beh, non sono d'accordo. Vedo un
altro aspetto della giornata di oggi. Sono settimane che gli studenti medi sono
in agitazione, e questa mattina hanno di nuovo invaso le città prendendosi la
responsabilità sociale di rappresentare lo scontento di noi tutti. Gli incidenti
del pomeriggio sui quali i media focalizzano la loro attenzione non possono
certo nascondere questo dato fondamentale. E allora penso con l'orgoglio di
vecchio prof: quel che resta dell'onore dell'Italia è stato oggi salvato nelle
strade da un'armata di chiassosi e coraggiosi ragazzini. Questo è il titolo
giusto.
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