Scambio epistolare tra un maestro di Reggio Emilia e il sottosegretario Delrio


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la scuola di delrio (lo scambio epistolare tra un maestro e il sottosegretario alla presidenza del consiglio)

 
Entrambi di Reggio Emilia, un maestro, Giuseppe Caliceti, e Gaetano Delrio, attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Il maestro chiede al politico che cosa il governo Renzi può e vuole fare per la Scuola italiana. La risposta del politico (da il manifesto del 27/5/2014).

Caro Gra­ziano Del­rio,
ho notato che al pre­mier Renzi piace farsi foto­gra­fare con i bam­bini e i ragazzi nelle scuole e mi fa pia­cere, ma non ho ancora capito bene le vostre idee sulla scuola pub­blica. A parte le auli­che invo­ca­zioni sull’investimento nella scuola – solo a parole, al momento, mi pare — ancora si vede poco o nulla di con­creto. Rias­su­miamo un po’. A feb­braio Renzi dice: «Prio­rità all’educazione dell’infanzia». A mag­gio Renzi, in piazza a Reg­gio Emi­lia, pro­muove l’esperienza di Reg­gio Chil­dren. Ora il governo Renzi, col suo mini­stro alla scuola, pro­pone l’anticipo sco­la­stico a 5 anni: accor­ciando la scuola dell’infanzia e acce­le­rando i pro­cessi di cre­scita dei bam­bini. Uno dei pro­ta­go­ni­sti di Reg­gio Chil­dren, Ser­gio Spag­giari, giu­sta­mente, si chiede: «È que­sta la riforma sco­la­stica di Renzi?». E aggiunge: «Cosa ne pensa il sot­to­se­gre­ta­rio Del­rio?». Sono le mie stesse domande. E le stesse di tanti edu­ca­tori e geni­tori. Che poniamo non a Renzi, né alla mini­stra all’istruzione ma all’amico ed ex sin­daco di Reg­gio Emi­lia Gra­ziano Del­rio. Pro­prio per­ché fino a pochi mesi fa è stato sin­daco e cono­sce bene l’esperienza di Reg­gio Children.

Dun­que, tutto ini­zia da una delle tante, troppe ester­na­zioni senza vero con­te­nuto del mini­stro all’Istruzione Gian­nini. Ributta sul tap­peto la vec­chia idea di cui si discu­teva più di 15 anni fa. Per­ché? Così i gio­vani ita­liani si diplo­mino a 18 anni e non più a 19. Mini­stro era Luigi Ber­lin­guer, che aveva come con­su­lenti fior di tec­nici e di peda­go­gi­sti, che poi decise per il no. Per­ché ren­dere obbli­ga­to­rio l’ultimo anno di scuola dell’infanzia signi­fica aprire nuove scuole dell’infanzia sta­tali — oggi intere aree del Paese sono «coperte» dalla pari­ta­rie — e quindi repe­rire nuove risorse che oggi man­cano. Inol­tre per far par­tire la scuola pri­ma­ria a 5 anni biso­gne­rebbe affron­tare la que­stione dei tempi di rea­liz­za­zione della riforma: chi ha ini­ziato a 6 anni come pro­ce­derà nel pro­prio per­corso sco­la­stico? Dovrà ad un certo punto «fare due anni in uno»? Biso­gne­rebbe poi affron­tare il pro­blema degli esu­beri di orga­nico nella scuola dell’infanzia. E nei pic­coli comuni dove oggi fun­zio­nano scuole dell’infanzia con una sola sezione di 15–20 bam­bini non sarà più pos­si­bile tenere aperte tali scuole. Ultima dif­fi­coltà, non pic­cola: la man­canza di risorse finan­zia­rie. Ma la cosa più incre­di­bile e scon­so­lante è osser­vare come in tutta que­sta discus­sione la dimen­sione antro­po­lo­gica sia total­mente assente. Pos­si­bile che nes­suno si chieda se, da un punto di vista squi­si­ta­mente antro­po­lo­gico e peda­go­gico, un bam­bino di 5 anni sia pronto o no per la scuola pri­ma­ria? La riforma di un sistema sco­la­stico, non va forse affron­tata secondo un’ottica «siste­mica» e non con slo­gan ed ester­na­zioni ad effetto?
Insomma, sulla scuola, sinceramente, il governo Renzi, cosa può e cosa vuole fare?
Fac­ciamo così: met­tiamo al cen­tro i bam­bini. Come a Reg­gio Emi­lia. E se per i bam­bini, che sono la cosa più impor­tante, fosse meglio ini­ziare la scuola a 7 anni? Insomma, a quale età si può ini­ziare ad andare a scuola, per un cor­retto svi­luppo emo­tivo e cogni­tivo? Il dibat­tito, in Ita­lia, è quasi ine­si­stente, oggi. Ma nei primi mesi di quest’anno 2014, per esem­pio nel Regno Unito, — dove l’obbligo sco­la­stico ini­zia a cin­que anni e di fatto, gra­zie alla pos­si­bi­lità di anti­ci­pare, ci sono bimbi di quat­tro anni già sui ban­chi, — è stato molto acceso. E alla fine 130 pedia­tri ed edu­ca­tori hanno scritto al Governo una let­tera molto pre­oc­cu­pata in cui chie­dono che i pro­grammi sco­la­stici anglo­sas­soni ven­gano modi­fi­cati, por­tando l’inizio dell’educazione for­male in classe a sette anni, come in Sve­zia e in Fin­lan­dia, dove i risul­tati sco­la­stici e acca­de­mici sono media­mente ottimi e tutte le inda­gini mostrano un ele­vato livello di benes­sere psi­co­lo­gico fra i bambini.
Caro Gra­ziano, ci sono studi appro­fon­diti che dimo­strano come alla fine della pri­ma­ria, i voti di chi ha ini­ziato l’insegnamento for­male molto pre­sto, sono peg­giori rispetto a quelli dei bimbi a cui è stato con­sen­tito di gio­care più a lungo. Que­sto per­ché nei bam­bini pic­coli l’approccio «gio­coso» all’apprendimento è più effi­cace delle clas­si­che lezioni della scuola vera e pro­pria, spesso ancora fron­tali. Ora, ammet­tiamo pure che il pre­mier e il mini­stro all’Istruzione non sap­piamo que­ste robe da peda­go­gi­sti e pedia­tri. Tu, però, le sai. Non puoi non saperle. Quindi la domanda d’obbligo è que­sta: cosa ne pensi tu della pro­po­sta del mini­stro all’Istruzione di ini­ziare la scuola pri­ma­ria a 5 anni?
Gra­zie anti­ci­pa­ta­mente della rispo­sta che vor­rai dare.
Giu­seppe Caliceti

Caro Cali­ceti,
rispondo alla tua let­tera che rispec­chia le domande di mae­stri, mae­stre, geni­tori, del mondo della scuola.
Renzi ha detto «edu­ca­zione al cen­tro» e natu­ral­mente con­di­vido in pieno que­sto impe­gno che ha assunto al nome del governo. In que­sto primo periodo di atti­vità que­sta pro­messa si è tra­dotta con un lavoro intenso, pre­pa­ra­to­rio, per avviare un grande can­tiere ita­liano di edi­li­zia e manu­ten­zioni sco­la­sti­che.
Per que­sto siamo attual­mente in dia­logo con 4.400 sin­daci che hanno rispo­sto all’appello del pre­mier e con i quali sbloc­che­remo can­tieri fermi per il patto di sta­bi­lità in altret­tanti comuni. Una via veloce che è nelle nostre mani. Ci sono città e scuole che hanno pro­blemi che a Reg­gio Emi­lia sono impensabili.
Quando siamo stati a Secon­di­gliano, siamo usciti dalla scuola con un senso di dispe­ra­zione per lo stato dell’edificio e della pale­stra in par­ti­co­lare. Ma ci siamo messi subito al lavoro per­ché quella situa­zione si possa risol­vere. Forse non risol­ve­remo tutto subito, ma intanto fac­ciamo in modo che il numero più alto pos­si­bile di stu­denti, bam­bini e bam­bine abbiano sulla testa un tetto sicuro. E que­sto è il minimo indi­spen­sa­bile per ini­ziare a par­lare di scuola. 
Il resto del discorso è tutto da fare, certo, sono d’accordo, e insieme con il mondo della scuola. L’idea di edu­ca­zione che porto con me e che tra­smetto al governo, è quella dell’esperienza di Reg­gio Emi­lia, di tutta la scuola reg­giana, dove bam­bini bam­bine ragazzi ragazze sono cit­ta­dini com­pe­tenti e la scuola parte di una comu­nità educante.

Un’idea della scuola ita­liana che si tra­duca in fatti — al di là delle emer­genze che dob­biamo affron­tare — è quello che ci aspetta nei pros­simi mesi. Con­fron­tan­doci con chi a scuola ci va, chi la fa, la vive, si assu­me­ranno le rela­tive decisioni.

Gra­ziano





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