lascuolasiamonoi/misc/file/Bozza%20di%20mozione%20per%20il%20Collegio%20Docenti%20del%201%20Marzo%202011.doc Perchè ci stanno "obbligando" a somministrare le prove Invalsi?I sottoscritti, docenti del Collegio Docenti della D.D. Bandiera, riunito in data 1 Marzo 2011, dichiarano quanto segue: - Si sta negando al Collegio Docenti della D.D. Bandiera la possibilità di votare in merito all’adesione o meno alle Prove INVALSI, affermando che le prove sono “obbligatorie”, sulla base di una semplice circolare del 30/12/2010, che non può essere fonte legislativa, in quanto subordinata a norme superiori. E’ evidente la totale contraddizione con il decreto 275/99 (regolamento sull’autonomia scolastica), che indica precisi competenze al Collegio Docenti, tra cui modalità e criteri di valutazione. - Si vuole imporre ai docenti di somministrare e correggere le prove INVALSI, sebbene nessuno di questi compiti sia previsto dal vigente contratto nazionale, né siano state previste forme di contrattazione d’istituto. - Qualora i docenti si rifiutino di collaborare, la Dirigente procederà con ordini di servizio, che prima devono essere eseguiti, poi eventualmente contestati nel merito. Perché tutto questo? Quali sono le ragioni che ci fanno mettere in discussione il significato delle prove INVALSI? IL PROGETTO DI SPERIMENTAZIONE DEL MERITO: Nell’ a.s. 2010-2011 il Ministero sta sperimentando un progetto di premialità del merito per le scuole di alcune province (Siracusa, Pisa, ecc.). Il progetto prevede un premio fino a 70.000€ al 15% delle scuole più “brave”. Tra i 3 indicatori che stileranno la classifica delle scuole, vi sono i test INVALSI. Il Ministero intende applicare questa metodologia sperimentale a tutte le scuole italiane, a partire dall’a.s.2011-2012. Vi è un nesso sostanziale tra prove INVALSI e premialità del merito. QUALI SONO LE FINALITA’ DELLE PROVE INVALSI?: Le prove INVALSI vanno a valutare alcune competenze in Italiano e Matematica degli alunni. Ma l’uso che il Ministero ne trae è molto più ambiguo: si valutano gli alunni per valutare i docenti, il livello della scuola. Questo è un uso distorto, semplicistico e strumentale. NON CI SOTTRAIAMO ALLA VALUTAZIONE: Come docenti, siamo totalmente disponibili a sviluppare forme di valutazione e di autovalutazione, personali e di istituto. Vogliamo però che gli strumenti siano seri e coerenti. Se si vogliono valutare i docenti, si valutino i docenti, non gli alunni. Se si vuole valutare una scuola, si valuti la scuola, non la sua utenza. Con che spirito le scuole accetteranno gli alunni più in difficoltà, sapendo che ne abbassano le “performance” misurate dal Ministero? LA LOGICA DEL PREMIO: Negli ultimi 3 anni il Ministero ha tagliato più di 8 miliardi di euro alla scuola pubblica; ha bloccato per vari anni i contratti, gli stipendi e gli scatti di anzianità. Poi, con il 30% di questi risparmi, vuole premiare “il 15-25% più meritevole”. Non crediamo che questa sia una logica cooperativa ed umana. E’ una spinta competitiva che produrrà solo danni e impoverimento della scuola pubblica. LE PROVE INVALSI SERVONO ALLE SCUOLE?: Le prove non sono state utilizzate in nessun modo come fonte di riflessione e di valutazione dell’operato didattico, né per potenziare le aree in cui sono state individuate delle carenze. COSA MISURANO LE PROVE INVALSI? Una prestazione in Italiano e Matematica (tra l’altro non comparabili tra di loro). Le prove sono uguali per tutti, ed ogni anno sono diverse (quindi non si può parlare di test standardizzati). Non misurano un differenziale tra il livello di ingresso e quello di uscita (cosa che tutti i test scientifici fanno), ma semplicemente una prestazione, su alcuni ambiti. Questo è sufficiente per avere una valutazione complessa ed articolata dei docenti e della scuola? L’ATTENDIBILITA’ DELLE PROVE: Da una parte si affida la costruzione delle prove ad un ente esterno alla scuola (INVALSI), dall’altra, per motivi di risparmio economico, si vuole obbligare alla somministrazione e alla correzione delle prove gli stessi docenti di classe. Chi può essere oggettivo e distaccato, quando in gioco c’è la premialità economica, ottenuta attraverso i risultati degli alunni? LO SNATURAMENTO DELLA DIDATTICA: Il quadro di riferimento dell’INVALSI per la costruzione delle prove non è coerente con il curricolo di Circolo. La modalità con test a risposta chiusa non è quella che normalmente si utilizza nella scuola. Per timore dei risultati, vi sono sempre più docenti che stanno allenando le classi alle prove, facendo acquistare alle famiglie dispense con le prove degli anni precedenti. Gli obiettivi didattici si stanno modificando verso il raggiungimento della prestazione nella prova INVALSI. In tutti i paesi in cui queste prove sono applicate ( Stati Uniti, Gran Bretagna, ecc.), questa modalità ha comportato un grave scadimento nella didattica, oltre che una classificazione sociale delle scuole e dei finanziamenti ad esse diretti. IL QUESTIONARIO AGLI ALUNNI: Il questionario agli alunni cerca di ottenere informazioni sul contesto socio-culturale, scolastico e familiare dell’alunno/a (quanti libri hai in casa? abitualmente con chi vivi? Sono stato picchiato da altri bambini a scuola?, ecc.). Con quali finalità si chiedono dati e valutazioni personali molto delicati ad alunni di dieci anni, senza un consenso ed una conoscenza esplicita da parte delle famiglie? Per poter correlare meglio i risultati con lo status socio-economico o per quali altri motivi di ricerca? LE CONCLUSIONI DELLE PROVE INVALSI 2010: Le conclusioni del rapporto delle prove 2010 sono di questo tipo: “I dati di ciascuna rilevazione segnalano come una costante del nostro Paese che le regioni del Nord ottengono risultati in genere più elevati di quelli del Centro e del Sud. Queste differenze sono più o meno significative a seconda delle classi considerate”. “I risultati degli studenti immigrati, specialmente quelli di prima generazione, sono sempre più bassi di quelli degli italiani, ma sono anche molto uniformi sul territorio nazionale. Le piccole differenze osservate non sono in genere statisticamente significative”. Che cosa vuol dire? Qual è l’obiettivo delle prove, quello di vedere qual è la distribuzione geografica dei risultati? O della qualità delle scuole? O del livello socio-economico delle famiglie? O dimostrare che gli alunni stranieri sono in maggiore difficoltà? Sono tutti dati che sapevamo anche senza spendere 8 milioni di Euro l’anno per l’INVALSI. Il problema è: cosa si fa per correggere tutto questo? Dopo l’analisi, ci sono le risorse per andare ad investire dove si fa più fatica? Oppure ci si accontenta di pensare che chi ha dei brutti risultati è perché non è capace o è una scansafatiche, quindi basta premiare i più bravi? CONCLUSIONE: Come Docenti, perché ci dobbiamo sentire “obbligati” a somministrare e correggere prove che non condividiamo, che sentiamo estranee, la cui finalità non è chiara ed esplicita, il cui quadro normativo non è per nulla vincolante nei nostri confronti, ma ci vengono imposte? Solo perché ci viene detto fai ed ubbidisci? Se questo deve essere il paradigma di funzionamento della scuola Italiana attuale, ne prendiamo atto… Sottoscrivono il documento i docenti…..
L’idea è di introdurre per gli studenti che ne hanno bisogno un sistema di corsi di recupero e rinforzo, in particolare per il tedesco, la matematica e le lingue straniere, che eviti una valutazione finale negativa con bocciatura. Bocciatura che, secondo il ministro Claudia Schmied del partito socialdemocratico, non aiuta alla competitività. In Italia le cose come stanno? Secondo l’Istat, gli studenti italiani che nel 2006 avevano conseguito il diploma di istruzione secondaria superiore con uno o più anni di ritardo rispetto all’età canonica dei 19 anni erano stati più del 23%; ritardo dovuto quasi esclusivamente alle ripetenze nelle quali erano incorsi durante la loro carriera scolastica, dalle scuole elementari alle superiori. Poiché secondo i dati Eurostat, pubblicati da Eurydice, al termine delle scuole del primo ciclo nel momento del conseguimento della licenza media circa il 5% dei nostri ragazzi ha già accumulato almeno un anno di ritardo, per differenza si può calcolare che il restante 18% degli studenti che è arrivato al diploma dopo i 19 anni di età, abbia rallentato di un anno almeno il proprio percorso scolastico all’interno degli istituti di istruzione secondaria superiore. Probabilmente il tasso attuale di ritardo per bocciature è diminuito negli ultimi due-tre anni, da quando i ministri dell’istruzione Fioroni e Gelmini hanno valorizzato particolarmente i corsi di recupero, anche estivi, per consentire agli studenti delle superiori di migliorare le loro prestazioni e, dopo lo scrutinio sospeso di giugno, conquistare l’agognata promozione prima di iniziare il nuovo anno scolastico. Resta comunque alta l’incidenza della ripetenza nella scuola secondaria, perché oltre agli studenti che a causa delle bocciature arrivano tardi al diploma, vanno anche aggiunti quelli che, dopo la bocciatura, lasciano completamente ogni percorso di istruzione. La “provocazione” austriaca potrebbe essere salutare per l’Italia, se da noi il problema della cosiddetta “mortalità scolastica” (ripetenze e dispersione) venisse affrontato con più misure strutturali e meno proclami.
Le prove INVALSI per rilevazione nazionale degli apprendimenti vengono a cadere in questo contesto. Il clima non è dei migliori. Certo non induce quella pacata attenzione che sarebbe consona ai processi valutativi e favorirebbe la loro efficacia. Il primo elemento che affermiamo con determinazione, ancora una volta, riguarda l’utilizzo degli esiti delle prove che in nessun modo dovrà essere funzionale agli obiettivi del progetto sperimentale sulla valutazione, ovvero alla cosiddetta premialità dei docenti o a classifiche di scuola. Altro elemento: l’enfasi, fuori luogo, sulla obbligatorietà delle prove. Fuori luogo per molte ragioni:
Ancora una volta il MIUR cerca di fare le nozze coi fichi secchi. Si sarebbero dovute almeno prevedere risorse aggiuntive adeguate o fare effettuare la rilevazione a somministratori esterni. Nulla di tutto ciò è accaduto. L’unica risorsa disponibile è il fondo di istituto, una coperta sempre più corta con cui si tenta di far fronte alle varie emergenze determinate dalle politiche sconsiderate di questo ministro. Infine, vogliamo riportare fin d’ora l’attenzione sulla prova nazionale dell’esame di Stato al termine del primo ciclo, introdotta per la prima volta lo scorso anno scolastico che si è rivelata essere troppo pesante e ha suscitato molte proteste da parte di scuole e genitori. Infatti, l'attuazione contestuale ed incrociata del Regolamento sulla valutazione, della Circolare Ministeriale 49/10 ha accresciuto a dismisura il peso dell'esame rispetto al percorso scolastico. Alla fine le vittime della furia restauratrice e pedagogicamente sbagliata del Ministro sono stati gli studenti più deboli (in particolare quelli con cittadinanza non italiana) e quelli con eccellenti voti di ammissione. Si porrà rimedio a tale stortura? Volendo, il MIUR è ancora in tempo.
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