Posted by comitatonogelmini su 14 settembre 2014
Se la proposta di Renzi è stata una provocazione, una parte della scuola l’ha già decisamente respinta. E’ infatti evidente che, al di là degli annunci demagogici per l’assunzione del precariato e per l’organico funzionale, la proposta, introducendo la meritocrazia con conseguente gerarchizzazione del personale della scuola ed una gestione aziendalista sotto il controllo dei dirigenti scolastici e del Ministro, esprime (portando per la verità a compimento un processo già avviato da Luigi Berlinguer) un’idea di scuola azienda alternativa alla scuola per l’uguaglianza della Costituzione.
Inserendosi nell’alveo di un accordo nel merito e nel metodo trasversale, il piano scuola di Renzi scardina i principi della democrazia scolastica fondata sul pluralismo e sulla libertà di insegnamento e li sostituisce con l’autoritarismo del dirigente scolastico, decisore unico delle sorti dei sottoposti; scardina i principi dell’uguaglianza e dell’unitarietà del sistema scolastico, perché ammette e anzi favorisce l’entrata dei privati nella scuola, ampliando inevitabilmente la sperequazione tra istituti scolastici, a seconda di indirizzi, territori, destinatari; scardina dalle fondamenta il principio pedagogico della collaborazione collegiale e del lavoro condiviso, configurando una figura di insegnante-monade, che impegna le proprie capacità per costruire una carriera che gli garantisca di prevalere sugli altri economicamente e nella collezione dei crediti; un docente che sceglie le proprie sedi per potersi affermare, cercando rivali meno “pericolosi”, su cui far prevalere la propria “produttività”…
Tutto ciò si chiama concorrenza e libero mercato. Ma con la scuola, con gli studenti, cosa c’entra?
Si tratta, insomma, di una proposta che per il metodo ed il merito non può essere una base nemmeno di confronto; è una proposta inemendabile; ad essa si deve contrapporre la LIP (Legge di iniziativa popolare per una buona scuola per la Repubblica), sottoscritta da oltre centomila elettori e già sottoposta all’esame del Parlamento; questa proposta concreta ed articolata non solo prevede la stabilizzazione dei precari ed un organico adeguato alle reali esigenze della scuola, ma soprattutto delinea un’idea di scuola coerente con i principi costituzionali della democrazia scolastica e con il ruolo istituzionale che essa deve continuare ad avere.
E’ necessario però non limitarsi alla denuncia di una proposta palesemente demagogica e volta a mettere in discussione il ruolo istituzionale della scuola statale. Bisogna invece definire le linee di una azione politico culturale che non può essere limitata al mondo della scuola ed alla difesa della Scuola della Costituzione.
La piena aziendalizzazione della scuola con l’esautoramento di ogni forma di partecipazione democratica e di pluralismo culturale è un aspetto specifico di un più generale attacco alla democrazia del nostro paese ed in particolare all’assetto istituzionale previsto dalla Costituzione; è in atto da parte di Renzi – di intesa con Berlusconi – un processo di esautoramento del ruolo primario e rappresentativo del Parlamento, trasformato in un organismo di “ nominati” (e che tale continuerà ad essere anche per effetto della legge attualmente in discussione), privo di una effettiva rappresentatività, ma tale da conferire al capo di un Partito il potere di controllare tutte le istituzioni del Paese (Parlamento, Governo, Presidente della Repubblica, Corte Costituzionale e Magistratura), con un conseguente indebolimento dei diritti sociali e politici e di ogni forma reale di garanzia.
In questo contesto politico generale l’attacco alla scuola della Costituzione si colloca come un’ ulteriore forma di attacco alla democrazia prevista della nostra Costituzione. La contestazione della proposta renziana di aziendalizzazione della scuola deve quindi essere, anche, un momento della lotta più generale della difesa della democrazia.
Non può difatti esserci una scuola democratica e pluralista se non c’è una forma di stato democratico e pluralista. Ma non può nemmeno esserci uno Stato democratico e pluralista se non c’è una scuola democratica, la scuola della Costituzione.
È necessaria , a fronte di questo progressivo attacco a tutte le forme di democrazia nel nostro Paese, una risposta unitaria; la difesa della Costituzione e dei suoi principi fondativi non può essere affidata soltanto al generoso impegno dei Comitati per la difesa della Costituzione, ma deve essere un impegno comune; allo stesso modo la difesa della Scuola della Costituzione, dei diritti sociali e civili della Costituzione deve essere impegno comune per tutti e tutte.
È necessario quindi ricostruire quella mobilizzazione unitaria che realizzò la manifestazione del 12 ottobre dello scorso anno e garantirne un’articolata diffusione in tutto il Paese.
Nello stesso tempo all’idea di scuola azienda proposta da Renzi dobbiamo proporre in alternativa la LIP, già presentata al Senato, e pretendere che tale proposta sia discussa nelle scuole per realizzare un confronto trasparente con le scelte demagogiche ed aziendalistiche di Renzi.
Si propone quindi:
• Un incontro a livello Nazionale, tra tutte le associazione democratiche, le forze politiche, i parlamentari di area democratica nella difesa della scuola e quindi della Costituzione stessa con l’impegno di realizzare una mobilitazione nel Paese a sostegno della LIP e della Costituzione, in alternativa alle proposte aziendalistiche di Renzi.
• Una manifestazione nazionale (già prevista a Bologna per metà ottobre) dal titolo “Cultura d’Europa: Scuola-Università-Ricerca: il futuro è qui!”, che lanci una proposta “per una buona scuola pubblica europea” con alla base i principi fondanti della “Legge di Iniziativa Popolare Per una buona Scuola per la Repubblica”(LIP) che nel 2006 raccolse 100.000 firme ed ora è stata presentata al Senato.
• Un’adesione attiva, concordandone le modalità, alla mobilizzazione degli studenti programmata per il 10 Ottobre nonché agli scioperi programmati dalle organizzazioni sindacali sui temi della scuola e su quelli più generali del lavoro.
Firenze,11 settembre 2014