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Dichiarazioni programmatiche ministro Giannini

news.pngL’intervento programmatico del Ministro Giannini del 27/03/14 al Senato:

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO

commento Bruno Moretto "parole in libertà"


alcuni spezzoni delle linee programmatiche che ci paiono significativi (altre preoccupanti)




Partiamo da un dato che non vi sarà sfuggito: il Governo di cui faccio parte è il
primo, a partire dall’immediato dopoguerra, che ha messo l’istruzione al centro
dell’agenda  politica  del  Paese.

Le condizioni di partenza non sono facili e mi permetto di sintetizzarle nella forma retorica del
paradosso: il MIUR, da Ministero naturalmente votato alla programmazione e alla
visione strategica, è ormai da anni il Ministero delle emergenze.
Un Ministero che vive in uno stato di criticità cronica, di quotidiana rincorsa a
tappare  la  falla  del  momento,  di  logorio  costante  nel  dettaglio  burocratico  e
normativo. Impossibile, comunque molto difficile per chiunque si trovi a guidarlo,
sollevare la testa dalla scrivania e mantenere una visione grande e complessiva
delle sfide e dei problemi. Ne risulta una catena di crescenti complessità di cui
anche questa Commissione è stata nei mesi testimone e partecipe. 
È  per  questo  motivo  che  ci  troviamo,  oggi,  con  una  scuola  afflitta  da  un
precariato  stabile  (ma  non  stabilizzato!),  in  cui  le  legittime  aspettative  di
generazioni di maestri e professori si sono trasformate in una ingiusta “guerra tra
ultimi della lista”: precari e TFA, docenti in ruolo e supplenti, idonei e inidonei,
visibili e invisibili, in un elenco quasi inesauribile di legittime rivendicazioni. Alcuni
aspettano  qualche  anno,  altri  un  decennio,  altri  ancora  erano  precari  quando
hanno  iscritto  un  figlio  alla  prima  elementare  e  continuano  ad  esserlo  ancora,
quando lo stesso figlio si diploma alla fine del liceo. 
È  per  questo  motivo,  che  ci  troviamo  con  una  Università  che  registra  un
allarmante decremento di iscrizioni (meno 30.000 matricole negli ultimi 3 anni); e
il corpo docente più anziano d’Europa; ed è sempre per questo che ci ritroviamo
con un sistema ingessato e incapace di dotarsi di strumenti snelli e meritocratici
di reclutamento e privo di strumenti e programmazione strategica e finanziaria
nel medio termine.  

Nel  presentarvi  oggi  le  mie  linee  programmatiche,  vorrei  ricorrere  a  quattro
principi che considero essenziali per un sistema dell’istruzione, dell’università e
della ricerca davvero moderno ed europeo.
Il  primo  principio  è  la  SEMPLIFICAZIONE,  che  significa  resistere  alla  tentazione
dell’ipertrofia  normativa,  del  voler  sempre  aggiungere  un’altra  norma,  e
concentrarsi invece sull’attuazione dei tanti provvedimenti già approvati. Significa
lavorare  per  ridurre  gli  spazi  di  incertezza  che  alimentano  conflittualità  e
contenziosi.
Il secondo principio è quello della PROGRAMMAZIONE, che significa smettere di
lavorare riconcorrendo le emergenze, per darsi invece quell’orizzonte temporale
– e finanziario – necessario per trasformare gli aggiustamenti puntuali in soluzioni
strutturali. 
Il  terzo  principio  è  quello  della  VALUTAZIONE,  che  significa  eliminare  i  colli  di
bottiglia,  e  sostituire  i  controlli  ex  ante  con  la  valutazione  ex  post.  Significa
assegnare le risorse sulla base dei meriti e dei demeriti.
Il  quarto  principio  è  quello  dell’INTERNAZIONALIZZAZIONE:  perché  un  sistema
dell’istruzione,  dell’università  e  della  ricerca  aperto  alla  comparazione  e  alla
competizione del resto del mondo, non solo genera maggiore qualita intrinseca,
nel  piano  didattico,  scientifico  e  strutturale,  ma  è  anche  motore  diretto  e
indiretto dello sviluppo economico e di crescita. 
È a partire da questi quattro principi che intendo, oggi, assumere in questa sede
istituzionale  i  miei  impegni  politici  e  programmatici  in  materia  di  scuola,
università e ricerca.

Scuola
Per troppo tempo abbiamo continuato a considerare la scuola come una spesa, e
non come un investimento nel capitale umano del Paese, cioè nel suo futuro. A
vedere negli insegnanti dei dipendenti pubblici demotivati e sindacalizzati, invece
che delle persone a cui ogni mattina affidiamo l’istruzione e la formazione umana
dei nostri figli. A prestare attenzione solo ai voti che portano a casa nelle pagelle,
invece che a capire cosa stanno imparando veramente.

Siamo partiti dalla improrogabile necessità di risolvere alcune gravi emergenze. 
I 24 mila lavoratori ex LSU impiegati nei servizi di pulizia delle scuole, per i quali
con il Ministro Giuliano Poletti stiamo avviando un Piano straordinario biennale
che  consenta  la  programmazione  a  più  lungo  termine  di  interventi  di  piccola
manutenzione ordinaria nelle scuole
, in cui poter utilizzare i lavoratori una volta
riqualificati.
Siamo  partiti  dal  personale  ATA,  risolvendo  –  grazie  anche  al  contributo  del
Senato – l’annosa questione delle loro posizioni economiche, ed evitando che 15
mila  lavoratori  fossero  costretti  a  restituire  somme  già  percepite  nel  corso  dei
precedenti anni scolastici, per mansioni aggiuntive già espletate.

Di  strumenti  snelli  e  di  semplificazione  c’è  bisogno  ovunque.  Prendiamo  ad
esempio  la  governance  della  scuola  e  la  revisione  degli  organi  collegiali,  dove
sembra  utile,  anzi  necessario,  garantire  la  piena  funzionalità  dell’organo
consultivo a livello nazionale, nonché degli organismi necessari ai diversi livelli di
intervento locale. (PARENTESI: IL MINISTRO DIMENTICA O SEMBRA DIMENTICARE CHE C'è UNA SENTENZA
CHE OBBLIGA AL RIPRISTINO DEL CNPI, ABRIGATO ILLECITAMENTE DALLA RIFORMA GELMINI)



Questo delicato e secolare processo può e deve essere osservato e corretto, se
necessario, in itinere. Questo processo può e deve essere oggetto di ciò che oggi
chiamiamo valutazione dei risultati e dei procedimenti adottati per ottenerli.
Il capitolo della valutazione è, a mio avviso è il singolo capitolo che può decidere
da solo se saremo in grado di dare al Paese una scuola moderna nella funzionalità
e negli obiettivi e anche nella sua missione fondante, o se accettiamo di tenerci
quella del Novecento. 
Se nel secolo scorso l’obiettivo è stato la scolarizzazione di massa e il motto era
“una  scuola  per  tutti”.  Oggi  l’obiettivo  deve  essere  “una  scuola  di  qualità  per
tutti”. Ed ecco che la valutazione – che controlla, misura, certifica questa qualità
– diventa decisiva per fondare la scuola del nuovo secolo. Non più la nostra, ma
quella che vogliamo per le generazioni future.
La valutazione è entrata nella cultura e nella prassi della scuola italiana ormai da
alcuni  anni.  Nell’ultimo  decennio  siamo  riusciti  ad  introdurre  –  per  quanto
faticosamente – i test INVALSI e a fare quindi rilevazioni sull’apprendimento, o a
garantire la nostra partecipazione alle indagini internazionali (ad es. l’OCSE-PISA).
Sono  tuttavia  legittimamente  attesi  progressi  significativi  nei  singoli  settori:  la
valutazione delle scuole, dei presidi, dei docenti.
Oggi  dobbiamo  consolidare  e  valorizzare  il  sistema  di  misurazione  degli
apprendimenti  tramite  le  prove  INVALSI,  promuovendo  un  maggior
coinvolgimento delle scuole.
Ho  intenzione  di  aiutare  le  singole  scuole  ad  analizzare  i  propri  assetti
organizzativi, la qualità dei servizi che erogano,  e promuovere in questo modo un
ciclo  di  autovalutazione  per  il  miglioramento  e  la  verifica  dei  risultati.
Analogamente, intendo aiutare le scuole che si trovano ad affrontare situazioni
critiche,  nella  piena  consapevolezza  che  non  potremo  più  fare  a  meno  di  un
sistema  trasparente  e  “traducibile”  in  altri  sistemi,  dove  i  risultati  relativi  al
miglioramento delle attività didattiche e formative siano comparabili tra scuola e
scuola e tra il nostro sistema nazionale e i sistemi dei principali paesi europei.

Dopo più di un decennio, siamo arrivati ad uno specifico Regolamento (80/2013)
sulla  valutazione.  L’applicazione  sistematica  di  tale  regolamento  in  tutte  le
scuole a partire da settembre è un impegno politico che assumo in questa sede. 

La questione della valutazione e della valorizzazione delle persone è poi legata a
quella  dei  contratti.  Presto  dovremo  iniziare  la  discussione  sul  contratto  degli
insegnanti. Per una volta,  vorrei che i temi da cui partire fossero il valore della
formazione,  la  valorizzazione  delle  figure  che  contribuiscono  all’autonomia
scolastica, la carriera professionale – per arrivare a dire che la retribuzione degli
insegnanti non può più essere basata solo sull’anzianità. 


poi analisi del precariato
Dobbiamo  predisporre  un  Piano  necessariamente  di  medio  termine  per  il
reintegro dei precari e il loro inserimento all’interno di “organici funzionali”, che
permettano  ai  dirigenti  scolastici  una  miglior  gestione  delle  supplenze  e  un
aumento dell’offerta formativa. 
L’organico  funzionale  serve  ad  affrontare  il  problema  del  sostegno  e
dell’integrazione, assicurando continuità didattica e formazione specifica per le
diverse disabilità. 
Esso si traduce nella creazione di un gruppo professionale qualificato, che operi in
una  rete  di  scuole,  dalla  formazione  dei  docenti  all’integrazione  degli  alunni
disabili  e  che  non  si  traduca  in  un  mero  aumento  quantitativo  delle  ore  di
sostegno.


Programmare nella scuola vuol dire, inoltre, poter disporre di risorse finanziarie
certe  e  adeguate.  L’ho  già  detto  a  più  riprese:  dobbiamo  reintegrare  i  Fondi
destinati  al  miglioramento  dell’offerta  formativa.  In  particolare  credo  sia  una
priorità  assoluta  reintegrare  progressivamente  il  MOF,  riportandolo  alla
capienza del 2011, che era pari a circa 1,5 miliardi di Euro.
Perché le risorse che
nell’emergenza abbiamo dirottato su altre finalità, sia pur legate al mondo della
scuola, non possono adesso giustificare una minore capacità del Ministero e del
Paese di investire sulla qualità dell’educazione dei nostri ragazzi.

scuola dell'infanzia- "Programmazione vuol dire avere le risorse per investire sui più piccoli, ampliando
le offerte per tutta la fascia dei piccoli, che oggi vede disparità inaccettabili tra le
diverse aree del paese. Da servizio a domanda individuale va trasformato in diritto
educativo delle bambine e dei bambini.
I comuni non possono essere lasciati soli:
applicando pienamente il principio di sussidiarietà, favoriremo per quanto in nostro
potere una maggiore sinergia tra pubblico, privato ed enti locali, anche incentivando
e  –  laddove  possibile  finanziando  –  i  meccanismi  delle  convenzioni,  dove  lo 
standard di qualità del servizio è identico indipendentemente dalla gestione.

poi integrazione disabili, lavoro, istruzione tecnica, educazione motoria e salute, ecc.ecc.

Cosa aspettarsi realmente?
Pubblicato Giovedi 03 Aprile 2014 - 18:47 (letto 2859 volte)
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