Pubblicato da comitatonogelmini su 7 maggio 2011
Dopo aver preso in ostaggio la Scuola pubblica italiana (ciò che ne rimane) per quattro giorni consecutivi (quest’anno dal 10 al 13 Maggio); dopo aver persuaso i suoi docenti e le sue docenti (una parte significativa di loro) a interrompere il proprio lavoro per giocare (ancora) al FACCIAMOCI DEL MALE; dopo aver spacciato – per il tramite dell’Istituzione scolastica – per obbligatorie le attività di somministrazione e correzione dei propri test; dopo aver investigato tra gli scaffali e i conti correnti delle famiglie; dopo questi ed altri numeri di illusionismo, la banda dell’INVALSI (in associazione coi loro “pali” al Ministero) ha assestato un altro brillante colpo al diritto all’istruzione: ha affermato (dopo decenni di scuola dell’inclusione) la secondarietà di alcuni alunni e alunne rispetto ad altri/e. “Le prove personalizzate non devono essere inviate all’INVALSI, né, tantomeno, i dati a esse relativi”, e dunque: “Fuori gli/le insegnanti di sostegno! Fuori i bambini e le bambine ‘meno uguali’! O se proprio devono stare dentro, zitti e mosca, e lavorare! E sul loro test ci mettiamo un bel codice di riconoscimento, che non si mescoli con gli altri!”.
Metterla così sembra brutale, ma a leggere la recente nota INVALSI sullo svolgimento delle prove 2010-2011 per gli allievi con bisogni educativi speciali, la si può mettere solo peggio- (clicca qui).
Dopo che la cattiva coscienza ha suggerito agli estensori di tale documento di disseminare il testo di ipocrisie benaugurali come “la più larga inclusione possibile” e simili, subito in Premessa si scrive che “le prove SNV […] non sono finalizzate alla valutazione individuale degli alunni, ma al monitoraggio dei livelli di apprendimento conseguiti dal sistema scolastico, nel suo insieme e nelle sue articolazioni.” Il che equivale a dire più o meno: non vi preoccupate, non ci interessano i livelli di apprendimento di alunni e alunne con disabilità o DSA, e non ci interessa nemmeno come il sistema scolastico ha lavorato con loro.
Occorre ricordare che l’ammissione di alunni e alunne ai test è una decisione che l’INVALSI rimette alla dirigenza scolastica, lavandosene le mani, non accennando neppure a consigli di classe o a gruppi operativi che pure avrebbero tutti gli elementi necessari per prendere decisioni in merito. Per l’INVALSI “la valutazione del singolo caso può essere effettuata in modo soddisfacente solo dal Dirigente scolastico”.
A breve distanza nel testo, con un refrain che ricorre con insistenza paranoica, si giustifica un simile approccio separatista richiamando l’attenzione sulla necessità di “consentire il rispetto del protocollo di somministrazione delle prove, garanzia della loro affidabilità e attendibilità”. L’individualizzazione del percorso educativo deve cedere il passo al principio di standardizzazione, l’insegnante di sostegno deve interrompere il proprio servizio, tutte le buone prassi educative della nostra scuola devono impallidire e adattarsi all’ospite INVALSI, al suo protocollo e ai suoi complessi di attendibilità.
Si dirà che l’insegnante di sostegno può sempre portare l’alunno o l’alunna in un’altra aula (se ce ne sarà una libera) e lì mettere in pratica quei normali strumenti dispensativi che invece l’INVALSI vieta di adoperare in classe durante le prove (leggere a voce alta il testo del quiz, ad esempio).
La richiesta, di per sé assurda, lo è a maggior ragione se è fatta (come in questo caso) da un ospite non invitato che considera plausibile (quando non auspicabile o persino obbligatorio) ciò che nella quotidianità della vita scolastica non accade mai: che un alunno o una alunna escano dalla classe in quanto “incompatibili” con un protocollo.
Poca retorica: non possiamo non pensare a quel che potrebbe accadere nei prossimi giorni di test ad alunne e alunni normalmente seguiti da insegnanti di sostegno. Di colpo subiranno una sospensione delle regole. Se dovessero protestare, come è loro diritto, cosa gli racconteremo? Se pretenderanno di restare in classe anche loro, come è loro diritto; se, come i loro compagni e le loro compagne, vorranno avere tra le mani uno di questi magici fascicoli in grado di far diventare grandi i piccini e piccoli i grandi, come ci comporteremo? E poi, come e a che prezzo gestiranno la loro frustrazione quando dovremo accompagnarli fuori? E se invece faranno la prova da soli in classe, chi li risarcirà per l’ansia e la fatica di un test che viene loro presentato come “importantissimo” e che dovranno affrontare senza il sostegno a cui hanno diritto?
La prossima settimana, in occasione delle prove non obbligatorie dell’INVALSI, pretendiamo che alunni e alunne restino in classe a fare scuola vera, pretendiamo di svolgere a pieno la nostra funzione di insegnanti di sostegno (insegnanti dell’intera classe) e pretendiamo infine che ogni richiesta di venir meno ai nostri obblighi di servizio ci venga messa per iscritto. Così facendo tuteleremo i nostri diritti di lavoratori e quelli all’istruzione di alunni e alunne del nostro sistema scolastico. Per i medesimi motivi rimandiamo al mittente tutti i tentavi che in questi giorni vengono compiuti di precettare gli insegnanti e le insegnanti di sostegno per la correzione delle prove INVALSI; ribadiamo che siamo pienamente consapevoli che queste prove sono un abuso didattico e che non sussiste alcuna obbligatorietà; difendiamo la nostra dignità davanti a quei dirigenti scolastici che l’hanno oramai perduta arrivando a promettere (spesso sapendo di non poter mantenere tali promesse) denaro del FIS che sarebbe illegittimo (oltre che meschino) usare in questo modo.
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Non è il primo anno che i disabili sono esclusi ... ben venga che il
movimento dei genitori se ne è accorto. vorrei sottolineare che la
valutazione invalsi non tiene conto del fatto che lo studente
"normale" inserito in una classe con uno studente o più disabili,
riceverà insegnamenti diversi rispetto ad altre classi senza disabili.
l'insegnante curriculare si soffermerà in modo diverso su alcuni
aspetti del programma per "aspettare" il disabile, l'insegnante di
sostegno, che non è un "aio" privato, è un docente a tutti gli effetti
della classe e pertanto gli studenti avranno una figura in più, spesso
positiva, a volte negativa, rispetto a classi senza disabili. uno
studente normale sarà diverso perciò se cresciuto in classe con un
disabile, molto diverso da chi non ha avuto questa opportunità. sia se
l'esperienza è positiva che negativa.l'esclusione del disabile nega
tutto questo nella valutazione! una scuola con disabili non è perciò
confrontabile con una dove i disabili non ci sono, sia in italia che
se il confronto avviene con la germania, ove vi sono scuole
differenziate o in spagna ove l'opzione dell'integrazione è accanto a
quella della separazione.
queste considerazioni non le ho mai lette in giro, penso che sia
importante rifletterci sopra.
saluti
giampaolo celani papà di un bambino di 11 anni con la sindrome di Down
dal sito di Superabile " Le scuole potranno scegliere se inserire o meno i
test degli alunni disabili nella media generale e se far loro svolgere il
quiz con i compagni o in un'aula separata con supporti e test
personalizzati. Per il delegato del sindaco di Roma alla disabilità, Antonio
Guidi, le disposizioni rappresentano "una strisciante ricostruzione delle
classi speciali", una "ghettizzazione" che sfocia nella discriminazione. Ma
per il vicepresidente Fish Salvatore Nocera sono regole "equilibrate" e
rispettose "
http://www.superabile.it/web/it/CANALI_TEMATICI/Scuola_e_Formazione/News/info-550915529.html
Maria
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