Quest'anno non ricorrono soltanto i centocinquanta anni dell'unità d'italia, ma, ironia della sorte, anche i cento dalla guerra di Libia. Per contrastarla fu indetto uno sciopero generale che a Parma e provincia fu molto partecipato e a Langhirano, forse non tutti lo rammentano, fu commesso un eccidio da parte di carabinieri e guardie forestali che spararono sugli scioperanti inermi.
la CGIL, appoggiando la c.d. risoluzione della NO FLY ZONE, ha di fatto avallato le azioni di guerra in barba, ma oramai non se ne ne accorge più nessuno, all'articolo 11 della costituzione italiana. di seguito riporto un appello, rivolto agli iscritti CGIL, in contrapposizione alla posizione di appoggio alla guerra assunta da nostro sindacato.
http://circolocomunistaparma.wordpress.com/2011/03/22/lavoratori-iscritti-alla-cgil-contro-la-guerra-imperialista/
Trascrivo di seguito alcune pagine dal libro Barricate a Parma, di Mario De Micheli edito da Editori Riuniti, sui fatti di Langhirano.
Nel cimitero di Langhirano sorge un piccolo monumento funebre che ricorda un tragico fatto accaduto nel settembre del 1911.
L'epigrafe incisa dice: Il proletariato ai suoi martiri.
E' un monumento modesto: la consueta fiamma di bronzo agitata dal vento, una stele da cui pende una corona di spine e un blocco di marmo sbozzato a colpi di mazza, dono dei cavatori apuani. Sotto riposano i morti: Elisa Grassi di 24 anni, Maria Montali di 22, Severino Frati di 33, Antonio Gennari di 43.
Era scoppiata la guerra di Libia. Sotto la spinta di alcuni gruppi capitalistici nazionali, il governo Giolitti si era deciso ad innalzare nuovamente la bandiera delle imprese coloniali, sfruttando l'azione di penetrazione che già da vari anni il Banco di Roma svolgeva in Tripolitania in continuo contrasto con la Turchia che la occupava. Il pretesto per dare inizio alle ostilità contro il governo turco non fu difficile trovarlo. Così, dopo le sfortunate avventure di Crispi, un'altra guerra colonialistica in terra africana era cominciata.
Il popolo fu contrario all'impresa libica, il ricordo dei 4000 morti di Abba Garima era ancora troppo vivo nella memoria degli italiani. E del resto il carattere aggressivo, imperialistico, di quella guerra era del tutto evidente.
Per tali ragioni l'opposizione alla guerra di Libia si manifestò subito con un moto spontaneo e profondo in ogni parte del paese. Le direzioni del Partito socialista e della CGL proclamarono uno sciopero generale di protesta di ventiquattro ore. Era il 27 settembre.
Nella provincia di Parma la decisione dello sciopero fu accolta con slancio. Nelle strade la canzone propagandisticaTripoli, bel suol d'amore veniva cantata con opportune modifiche in cui si esprimeva tutto l'odio dei parmigiani contro quella guerra di rapina:
Tripoli, suol del dolore,
ti giunga il pianto della mia canzon!
Naviga, o fornitore,
propizia è l'ora e bella l'occasion.
Tripoli, bel suol d'amore,
sarai italiana a colpi di cannon!
Nella giornata del 27 lo sciopero fu compatto tanto in città quanto nelle campagne. Soltanto i tramvieri delle linee a vapore fecero eccezione. Era stato perciò necessario che gli scioperanti impedissero il traffico delle tramvie, bloccando la partenza dei treni nelle stazioni poste a capo delle varie linee. Ma anche questa operazione era riuscita poichè i tramvieri, controllati dalla polizia, non domandavano in fondo che un pretesto qualsiasi per unirsi agli scioperanti.
Lo sciopero però cessava a mezzogiorno dell'indomani. Il mattino del 28 quindi, verso le cinque, che il sole non si era ancora levato, un gruppo di una quarantina fra uomini e donne, s'incamminò dalle case di Langhirano verso la stazione per vedere se era possibile impedire la partenza del tram anche per quel giorno. Camminavano calmi e con intenzioni così poco aggressive che si erano portati dietro anche i bambini. Nessuno gridava. La dimostrazione non poteva essere più pacifica e corretta.
Quando però il gruppo giunse alla stazione, la trovò presidiata da una squadra di carabinieri appoggiata da alcune guardie forestali: impugnavano i moschetti con aria minacciosa.
Le carrozze non erano ancora pronte e la macchina si trovava dentro al deposito.
Parte dei dimostranti si dispose perciò attraverso i binari, mentre gli altri entravano nel piazzale interno della stazione.
Pareva che ogni cosa si svolgesse senza incidenti: tra qualche minuto sarebbero venuti i tramvieri, la gente avrebbe parlato con loro, il convoglio non si sarebbe formato e la manifestazione si sarebbe sciolta.
Invece di colpo, i carabinieri si scagliarono violentemente contro gli operai e i contadini, gettando a terra le donne e calpestandole. Poi, quasi subito, senza intimazioni, senza squilli di tromba, senza preavviso, incominciarono a sparare furiosamente.
Fu un momento d'angoscia: i carabinieri non sparavano in alto, ma contro la folla! Le scariche durarono pochi attimi e tuttavia sembrò che non dovessero aver fine. I dimostranti colpiti dal piombo cadevano al suolo rantolando, gridando di dolore; gli altri fuggivano verso il paese inseguiti dal sibilo dei proiettili.
Quando il fuoco cessò, undici corpi giacevano a terra nel piazzale. Un proiettile aveva forato la nuca d'una ragazza ventenne, Maria Montali: altri due colpi l'avevano presa alle spalle.
Un'altra donna, Elisa Grassi, incinta da alcuni mesi, era stramazzata coi polmoni squarciati.
Severino Frati, invece, ai primi colpi, era balzato sul piano caricatore di una vettura, ma qui l'aveva raggiunto una guardia forestale che, dal basso, sparandogli alla gola, gli aveva reciso la vena del collo: il Frati era caduto giù di schianto. Più tardi si ebbe modo di constatare che il Frati era letteralmente crivellato di proiettili alla coscia e al braccio destro.
Antonio Gennari era stato raggiunto da una palla che gli aveva asportato l'occhio e da altri due colpi alle spalle che l'avevano attraversato da parte a parte: "Fucilato alla schiena", disse poi un testimonio.
Tre morti, un moribondo (il Gennari, che morirà qualche tempo dopo all'ospedale di Parma) e sette feriti, tra cui alcuni assai gravi, giacevano dunque, immersi nel loro sangue, sul piazzale di Langhirano.
Compiuto l'eccidio, col moschetto ancora fumante in pugno, il comandante della squadra omicida, chiamò il capo stazione e gli disse: "Ora lei, capo, può fare attaccare la macchina che i binari sono sgombri".
Nello stesso istante, sul piazzale, un ferito si alzò e, barcollando, cercò d'allontanarsi dal luogo della strage; ma un carabiniere lo vide, sollevò ancora una volta il moschetto e lo colpì con un'altra fucilata alla schiena. L'uomo cadde bocconi nella polvere.
------------------------------------------------------------
LAVORATORI ISCRITTI ALLA CGIL CONTRO LA GUERRA IMPERIALISTA
Abbiamo letto un’inaccettabile comunicato della CGIL nazionale, giustificazionista nei confronti delle azioni di natura imperialista e guerrafondaia in Libia.
In qualità di iscritti ci sentiamo già coinvolti nei massacri che le cosiddette bombe amiche perpetreranno.
Pensiamo che sia vitale discutere al più presto del comunicato nazionale CGIL, all’interno di tutte le sue strutture.
Ogni persona un minimo accorta sa benissimo che questi interventi bellici “umanitari” mirano soltanto all’instaurazione di un governo fantoccio che, sotto il protettorato ONU e NATO, fornisca ai neo-colonialisti USA e UE ricchezze naturali a basso costo.
Riteniamo che come sindacato CGIL abbiamo il dovere di condannare l’attacco criminale il cui prezzo sarà un misto di sangue e denaro.
Il costo della guerra sarà pagato con il sangue dei libici ed il denaro della classe operaia, così come è stato per l’Afghanistan, per l’Iraq e per tutte le guerre e le aggressioni imperialiste attuate negli ultimi anni in nome della “democrazia”.
Sono davvero lontani i tempi in cui la CGL proclamava lo sciopero generale di 24 ore (settembre 1911) contro la Guerra in Libia ed il popolo scendeva in piazza per manifestare contro la politica imperialista, pagando anche con la vita il proprio dissenso come avvenne a Langhirano.
Facciamo appello a tutti gli iscritti affinché sottoscrivano questo documento per fare in modo che la CGIL si opponga alla guerra.
Primi firmatari
Yuri Apostolou - Direttivo provinciale FIOM CGIL -Parma
Walter Aiello - Direttivo provinciale FILT CGIL -Parma
Marco Trapassi - Direttivo provinciale FISAC CGIL -Parma
Luisa Della Valle - iscritta SPI CGIL -Parma
Artemio Giovannelli - iscritto FIOM CGIL- Parma
Libia: 2 aprile 2011 manifestazioni nazionali e regionali in Italia contro la guerra
I FATTI SONO FATTI
· E' ufficiale: Sarkozy, il capo del governo francese si è incontrato pochi giorni fa col capo-delegazione dei ribelli separatisti di Bengasi , Mahmoud Jabril e lo ha riconosciuto come futuro capo del governo libico e "unico rappresentante" della Libia. (Così nasce un altro governo fantoccio delle potenze ex-coloniali; in cambio è facile immaginare grandi e più favorevoli concessioni di gas e petrolio alla Total francese).
· Centinaia di militari inglesi, francesi e americani operano almeno da febbraio sul territorio libico per organizzare i ribelli e in azioni di sabotaggio. (rivelazione dei giornali inglesi e dei servizi segreti israeliani).
· Le operazioni militari passano sotto regia della Nato, la stessa presente in Afghanistan. Le maggiori potenze mondiali non occidentali, Cina, India, Russia, Brasile, l'intera Unione africana, la quasi totalità della Lega Araba, Cuba, il Venezuela . hanno condannato le operazioni militari; l'Occidente va incontro nuovamente all'isolamento davanti agli occhi del mondo.
· I massacri di civili libici fatti da Gheddafi e finiti in prima pagina sui giornali (20 000morti-50 000 feriti), il bombardamento delle manifestazioni, le fosse comuni si sono rivelate le ennesime bugie occidentali; ecco cosa diceva il vescovo di Tripoli il giorno dopo i titoloni dei giornali sulle stragi (Mons Innocenzo Martinelli: " La situazione è calma i media ne raccontano di balle, si sentono spari solo la sera e la notte"). « Angelo Del Boca, storico e conoscitore della Libia «Fosse comuni? Diecimila morti? Cinquantamila feriti? Bum!»
· A differenza della ribellione in Egitto e Tunisia e altrove, in Libia i manifestanti sono abbondantemente armati. Da chi?
· A differenza della ribellione in Egitto e Tunisia, non c'è stata rivolta per il prezzo del pane o per posti di lavoro. Dopo i sauditi, i libici hanno il maggior reddito del medio oriente, circa 1000 dollari al mese (il triplo di egiziani e tunisini), benzina a 12 cent, pane quasi gratis, mortalità infantile minore dell'1 x mille, welfare, educazione, sanità classificati nella fascia alta di sviluppo. E infatti di immigrati libici in Italia non ne abbiamo mai visti, mentre li abbiamo visti dagli Stati sotto influenza occidentale come Egitto, Tunisia, Marocco.
· Le compagnie petrolifere francesi (Total), inglesi (BP), americane (Chevron, Exxon) rifiutano le nuove condizioni di sfruttamento dei giacimenti imposte dallo Stato Libico, e accettate solo dall'italiana ENI (in cambio di ingenti commesse di infrastrutture), condizioni che riducono al 12 % (dal 35-50%) la quota concessa di petrolio estratto, e al 40% la quota di gas.
(17-06-2008: "Esteso l'accordo per gas e petrolio con l'Eni, le altre compagnie si preoccupano che i termini dell'accordo stabiliscano uno sfavorevole precedente"-cablo WIKILEAKS).
· Le diverse centinaia di missili Tomawack lanciati dagli americani sul territorio libico contengono ciascuno da 3 a 40 kg di uranio impoverito.
· La Libia è un territorio ricchissimo di materie prime: gas, petrolio (il migliore dopo quello irakeno,facilmente estraibile a 1 dollaro a barile), uranio, acqua (4 gigantesche falde acquifere). Nel golfo della Sirte, un gigantesco deposito di gas e petrolio.
· Il sostegno al separatismo in Stati non amici dell'Occidente è una politica secolare delle potenze coloniali, e si sta accentuando in Africa, terra di materie prime, dove le multinazionali occidentali non riescono a contrastare la concorrenza di Cina, India, Brasile. Vi è sostegno al separatismo in Angola (l'area petrolifera di Cabinda), in Congo (l'area mineraria di Kivu), in Sudan (sud Sudan già separato e Darfur). La strategia del separatismo è già stata tentata anche contro il governo di Morales in Bolivia (zona mineraria di Santa Cruz) e ricalca la strategia adottata dall'Occidente contro la ex-Jugoslavia nel sostegno alla secessione di Slovenia, Croazia e poi Bosnia.
· Quest'anno cade il centenario della prima guerra italiana in Libia; il primo aereo a bombardare il territorio libico fu italiano.
· Il principio di sovranità nazionale e di auto-determinazione dei popoli esclude l'intervento esterno di altri Stati nelle faccende interne di un altro Stato sovrano, principio violato dall'intervento armato delle ex-potenze coloniali a fianco della ribellione separatista
· Il principale iniziatore in Africa e medio-oriente del pagamento senza dollari né euro è Gheddafi, il quale ha fatto appello al mondo arabo ed africano per adottare una valuta unica, il dinaro d'oro.
Su questa base finanziaria, il colonnello Gheddafi ha proposto di creare uno stato africano unico con popolazione araba e nero-africana che conti 200 milioni di persone. Secondo il "presidente" francese Sarkozy "i libici hanno attaccato la sicurezza finanziaria del genere umano"
· Da tre anni il presidente francese Nicolas Sarkozy si occupava in prima persona di due affari colossali che però non riuscivano mai ad andare in porto: la vendita alla Libia di una intera flotta aerea da combattimento confezionata da Dassault e un colossale investimento transalpino per costruire centrali nucleari a Tripoli e dintorni. I due affari colossali erano stati concordati fra lo stesso Sarkozy e il colonnello Mohamar Gheddafi nel dicembre 2007 a Parigi, ma Russia ed Italia hanno presentato proposte alternative tali da bloccare le commesse.
· Di Gheddafi si può parlare male quanto si vuole, ma il suo regime è eventualmente un problema interno del popolo libico quanto Berlusconi è un problema per noi italiani (principio di sovranità nazionale e di autodeterminazione dei popoli); ridicolo e pretestuoso che proprio il capitalismo occidentale lo critichi di essere un feroce dittatore quando proprio le potenze coloniali hanno riempito per tutto l'ultimo secolo il pianeta di dittatori a loro amici, da Pinochet e Videla a Mubarak.
· Rimane il sospetto di una presenza USA nelle sollevazioni in medio-oriente; certamente un gioco pericoloso ma se la direttrice principale fosse Libia-Siria-Iran-Cina (con eventuali deviazioni a Cuba,Venezuela, Congo, Angola, Sudan) l'ipotesi sarebbe legittima.
MIA CHIAVE DI LETTURA
Possiamo considerare questa guerra come la prima dell'Occidente contro la Cina e gli altri paesi emergenti; nel caso specifico in gioco sono le materie prime dell'Africa che i paesi emergenti sono disposti ad acquistare a condizioni meno onerose per i paesi produttori. Ciò riduce i margini di profitto delle multinazionali occidentali che chiedono aiuto ai loro Stati di riferimento, in particolare USA, Francia ed Inghilterra, ovvero le vecchie potenze coloniali dell'Africa.
Non a caso tutti i Paesi del BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) si sono astenuti nella votazione del consiglio di sicurezza.
Dove le potenze ex-coloniali non possono controllare gli Stati sovrani, allora ricorrono al sostegno della secessione delle zone più ricche, al cui comando poi mettere governi fantoccio: una vecchia politica che recentemente hanno tentato in Bolivia (2008), ci sono riusciti nel sud-sudan, ci stanno provando in Congo, Angola, Libia.
Da questa angolazione vi sono non solo interessi economici ma anche geo-politici: un Occidente sempre più indebitato, in profonda crisi economica strutturale, ha bisogno di riaffermare il proprio potere politico egemonico: i Paesi emergenti non facciano concorrenza alle vecchie potenze coloniali , e gli Stati Sovrani africani che non si piegheranno faranno la fine dell'Irak e della Libia, separazione e/o distruzione.
Rimane l'interrogativo sull'astensione dei Paesi del Bric: debolezza, ingenuità, o hanno dato corda all'occidente per impiccarsi?
L' aggressione della Nato alla Libia rientra nei tentativi delle potenze coloniali di secessione degli Stati Sovrani "non-amici".
Le rivolte per il pane ed il lavoro nel resto del nord africa e medioriente avranno tempo di dimostrare la loro genuinità (cioè che non siano rivoluzioni colorate promosse dalla Cia di Obama): la rivendicazioni democratiche hanno le gambe corte se le risorse economiche richieste non vengono poi redistribuite ed i bisogni di pane e lavoro soddisfatti, e in Egitto e Tunisia si tratta di togliere risorse alle borghesie araba filo-occidentali ed alle stesse multinazionali occidentali.
Per i popoli d'occidente si tratta di scegliere se stare nella barca del capitalismo occidentale che è destinata inesorabilmente ad affondare nei debiti e nella crisi, magari riuscendo a fare ancora grandi crimini ai danni dei popoli del mondo,
oppure schierarsi con i popoli del mondo per un internazionalismo che sarà sempre meno ideologico e sempre più necessario.
Per la sinistra occidentale o si schiera fuori dal capitalismo occidentale, chiedendo un riposizionamento dei proprio Stato fuori dalle alleanze politiche e militari occidentali, o condividerà colpevolmente e criminalmente la fine comune. Volge al termine un ciclo almeno trentennale in cui la sinistra occidentale e italiana è stata subalterna ed interna alle logiche del capitalismo occidentale: se non ne esce darà lo spettacolo di questi giorni in Parlamento dove tutte le forze istituzionali, di destra e di sinistra, votano e si responsabilizzano per la guerra. O stavano a fianco di Cina India, Brasile, Russia, Unione Africana, Lega Araba o stavano con la coalizione delle ex potenze coloniali /ora NATO (la stessa della guerra in Afghanistan): la sinistra istituzionale ha scelto (la propria fine).
Noi o abbiamo il coraggio di andare oltre (via dalla Libia, dall'Afghanistan, dalla NATO, dall'Alleanza Occidentale) o faremo la stessa fine.
Luigi Ambrosi
freelance writer