Brucia piazza del Popolo, bruciano le strade di Roma, brucia la rabbia di decine di migliaia di studenti quando alle 13,41 viene annunciato il voto di fiducia a Berlusconi.
Hai voglia di dire che tanto quello lì ha perso politicamente: i simboli sono importanti. E quella maledetta legge Gelmini fermata dalla rivolta delle scuole e delle università ora torna in campo. I tre voti che salvano il governo cancellano definitivamente la fiducia della piazza nella politica, cancellano il futuro di una generazione. E ne condannano un'altra alla precarietà. La stessa rabbia degli operai metalmeccanici arrivati da Padova o da Pomigliano che vedono il modello sociale di Marchionne puntare contro di loro come come i blindati della Polizia e della Finanza. Vedono tornare il panzer Sacconi lanciato a bomba contro lo Statuto dei lavoratori.
Quel voto del Palazzo, quel mercato sub-politico che umilia il Parlamento cambia l'umore della piazza, la protesta esplode e poche voci si alzano contro chi magari è arrivato organizzato in piazza, non invitato, per far casino. Nessuno prova pietà per qualche suv sfasciato sul Lungotevere, per una Jaguar che brucia, per i bancomat presi a colpi di sampietrini: sono simboli di un potere odiato oggi più di ieri, rappresentano anch'essi un modello diseguale, ingiusto, basato sul furto ai poveri, tanti, per dare ai ricchi, pochi. Goliardia? Non solo, e non soprattutto. Il blindato e qualche altro mezzo che bruciano tra piazza del Popolo, via del Corso e via del Babbuino non trovano solidarietà tra i giovani e giovanissimi che si affollano dietro chi resiste alle cariche della polizia. Quando un blindato tenta di sfondare il muro umano che, a differenza del Parlamento, sta sfiduciando Berlusconi ma viene ributtato indietro, parte un applauso corale. Questa non è goliardia, è rabbia di chi vede sfilarsi futuro e diritti e non ci sta.
Così brucia piazza del Popolo. La politica ha fallito, le istituzioni sono fuori, lontane, nemiche di queste ragazze e ragazzi così simili ai loro compagni di Atene o di Londra, che ieri hanno messo in campo la più grande manifestazione studentesca che il cronista, non più ragazzino, ricordi. Non hanno tutti contro, però. Con loro ci sono le tante Italie che resistono, e cominciano a incrociarsi. C'è la Fiom con il suo gruppo dirigente che chiede, insieme ai ragazzi, lo sciopero generale. Che se ci fosse stato avrebbe contribuito a farli sentire meno soli e meno lontani da tutte quelle rappresentanze che non rappresentano più, non svolgono più alcun ruolo di mediazione. Ci sono i terremotati dell'Aquila e il popolo avvelenato di Terzigno e Chiaiano, persino le «Brigate Monicelli», il popolo dell'acqua pubblica. Movimenti che dovranno intrecciarsi, meticciarsi, costruire insieme un percorso duraturo, perché domani è un altro giorno e bisognerà continuare il cammino insieme. Per questo è nato «Uniti contro la crisi» che ha promosso la manifestazione.
La piazza ondeggia sotto le cariche della polizia. C'è chi resta fuori dagli scontri, come gli operai della Fiom, perché non sono nel suo dna e punta da piazzale Flaminio verso il Muro torto per raggiungere la Sapienza. Ma alla fine la polizia sfonda, riconquista piazza del Popolo, si riversa sul piazzale mentre il fumo acre dei lacrimogeni intossica e fa crescere ancor più la rabbia. Un candelotto va a finire dentro il lungo sottopassaggio della metropolitana trasformandolo in una camera a gas. Sopra, nel piazzale, vola di tutto contro un blindato della Finanza, isolato e impazzito, una scena che nella memoria dei meno giovani richiama una dannata piazza di Genova.
Alle 13,41 è cambiata non solo la piazza ma anche l'atteggiamento di chi avrebbe dovuto garantire l'ordine: fino al voto, fino a davanti al Senato, confronti anche duri, ma senza volontà di precipitazioni. Poi la «difesa dei Palazzi» è diventata aggressiva, quasi alla ricerca dello scontro. Che alla fine, immancabilmente, è arrivato con tanto di fuoco, ragazze e ragazzi in fuga inseguiti dai manganelli.
I Palazzi hanno ignorato la protesta della piazza, hanno offeso la dignità di chi chiede quel che sarebbe giusto avere ma da oggi dovrà farci i conti. E sarà dovere di ogni organizzazione democratica costruire ponti con una generazione offesa ma determinata, e sostenere una battaglia per l'istruzione, la cultura, il lavoro, la giustizia sociale, che è una battaglia di civiltà e parla di diritti. Per costruire un'altra politica e differenti relazioni sociali, non mercificate, per pretendere giustizia sociale. Gli studenti sono in prima fila. Con loro ci sono altri movimenti, c'è un pezzo di Cgil. E gli altri dove sono?
Siamo scesi in piazza, oggi, 14 dicembre, in occasione del voto di sfiducia al governo Berlusconi. Diecimila studenti hanno aderito alla nostra mobilitazione, dalle scuole di Milano, dalla provincia, delle università. Siamo scesi in piazza per dimostrare che non restiamo a guardare, che non siamo spettatori passivi, ma che vogliamo vivere la nostra storia, essere protagonisti del nostro futuro. Siamo scesi in piazza, studenti, ricercatori, lavoratori, immigrati, per continuare a lottare insieme e difendere i nostri diritti. Siamo scesi in piazza per riappropriarci delle nostre città, riprenderci gli spazi che ci stanno sottraendo. Siamo scesi in piazza per non lasciare che la caduta di questo governo fosse determinata solo da giochi di potere e macchinazioni di palazzo. Siamo scesi in piazza perché vogliamo essere noi a decidere del nostro futuro. L’esito negativo della votazione non interromperà le nostre mobilitazione. Sappiamo che si è determinata una situazione di ingovernabilità, che il governo e ancora precario, e che dobbiamo essere noi a farlo cadere.
Per questo motivo, al termine della manifestazione, in Piazza Fontana, abbiamo aperto il nostro momento assembleare, che intendiamo portare avanti nei prossimi giorni e dal quale vogliamo uscire con un nostro programma d’opposizione, con vertenze locali e nazionali con cui sostenere la nostra lotta e presentare la nostra alternativa. Parliamo di welfare di cittadinanza, per consentire a ciascuno la piena autonomia e la totale facoltà di realizzare il proprio futuro a prescindere dalla base sociale di partenza. Parliamo di una mobilità libera, che permetta agli studenti di spostarsi più agevolmente sul territorio nazionale e imparare a conoscerlo. Parliamo di AltraRiforma, del nostro progetto per cambiare davvero il sistema scolastico in Italia. Parliamo di metodi di lezione alternativi alla lezione frontale, di valutazione narrativa, di commissione paritetica e rafforzamento della rappresentanza studentesca. Parliamo di un riordino complessivo del percorso formativo, a partire dalle scuole elementari. Parliamo di edilizia scolastica e di sicurezza nelle scuole. Parliamo di una legge nazionale per il diritto allo studio, perché ragazzi del sud e del nord, di tutte le regioni possano accedere agli stessi livelli di istruzione.
Parliamo di ripubblicizzazione dei beni comuni, contro il progetto di privatizzazione globale, dell’acqua, dell’istruzione, della conoscenza. Parliamo di tagliare le spese militari, a favore dei finanziamenti alle borse di studio. Parliamo di un più facile accesso alla cultura per gli studenti, nei musei e nei luoghi di formazione, parliamo di sapere condiviso, di copyleft, creative commons e open source. Sono queste le nostre proposte concrete, le idee con cui vogliamo contrastare questo governo e la politica degli interessi personali. Continueremo la nostra assemblea giovedì 16 al lato B, in P.zza XIV Maggio, alle 16:00, e invitiamo tutti a partecipare attivamente.
Il governo non è caduto, ma anche noi siamo ancora in piedi.
La sfida continua: VEDIAMO CHI CADE!
Milano, 14 dicembre 2010
LaPS – Laboratorio di Partecipazione studentesca
UDS - Unione degli Studenti